
Vittorio
Dalmastri*
Si, ce l’aspettavamo ma la speranza era che la quarta ondata fosse un po’ meno seria di come si sta dimostrando visto che in regione la campagna vaccinale è stata condotta con molto vigore e ottima risposta. La prima fase della pandemia è stata ben gestita dalla sanità metropolitana bolognese proprio per una costante condivisione tra le varie aziende e le parti sociali, fattore da tenersi bene presente per una futura sanità cittadina che esprima integrazione, qualità e specificità. L’assistenza territoriale è stata cruciale e la nostra regione è stata tra le poche a darne una declinazione adeguata in periodo emergenziale (la questione lombarda deve insegnare). Imparare dalla pandemia? Speriamo. Proprio dall’insegnamento della pandemia però rimane a nostro avviso necessario implementare la consapevolezza collettiva sulla necessità di proteggere il sistema sanitario pubblico che mai come in questo contesto ha evidenziato la sua centralità. Ancora più chiara deve essere la necessità di mantenere la sanità pubblica, smarcata da interessi e possibilmente sovradimensionata, non in costante affanno occupazionale come negli ultimi venti anni. La regione Emilia Romagna ha assunto personale sanitario durante il periodo emergenziale con un bilancio positivo di oltre 8.000 unità di cui oltre 850 medici; operazione che ha generato un serio disavanzo. Se l’Emilia Romagna rischia l’attenzione del MEF per assumere personale sanitario è evidente come i calcoli generali non siano corretti anche perché la situazione occupazionale rimane drammatica con una evidente carenza di professionisti della sanità in tutto il sistema pubblico. I nostri ospedali funzionano meravigliosamente bisogna solo metterci più personale. E’ necessario invece riformare il sistema territoriale calcolando il fabbisogno di sanità.
*segretario regionale
FP Cgil Medici e Dirigenti Ssn
Emilia Romagna