Il tifoso del Bologna e la visita di Mihajlovic: "Donate per battere la leucemia"

Il messaggio di speranza di Roberto Lodi: dimesso dal Seràgnoli dopo l’intervento, affronta la sua battaglia. Con l’aiuto morale di Sinisa

Mihajlovic e il tifoso del Bologna, Roberto Lodi

Mihajlovic e il tifoso del Bologna, Roberto Lodi

Bologna, 8 gennaio 2021 - Un giorno come tutti gli altri, prima di Natale. Nella camera di Roberto Lodi, al Sant’Orsola per una leucemia bastarda, entra la dottoressa Francesca Bonifazi. "E’ mattina, solito giro dottori", ricorda adesso lui. Però gli dicono di tenersi pronto: "C’è una sorpresa". E Roberto (per tutti Bobo) pensa alla moglie, agli altri cari, "non li vedevo da un mese tra l’isolamento per le cure e il Covid". E invece? "Invece c’era Sinisa Mihajlovic, con camice e mascherina. Io sono rimasto di stucco, lui mi guarda e fa ‘Sono qui per te, per darti forza’. Bellissimo".

Roberto sta ancora combattendo la sua battaglia contro la malattia, ma il trapianto ha attecchito e adesso è stato dimesso. Vi avevamo raccontato di lui qualche settimana fa: una bandiera rossoblù lo aspettava nel cortile del Seràgnoli, pronta a essere riportata a casa, a Imola dove vive verso i primi rilievi della Vallata del Santerno. Insieme con lui, la moglie Cosetta, nel giorno dell’Epifania in cui il Bologna pareggia 2-2 con l’Udinese.

Un cartello vicino alla ‘sua’ bandiera recitava: ’Un amico mi riporterà a casa’. "E la bandiera l’abbiamo portata a casa, eccome. Ce l’abbiamo fatta. Ha resistito a tante intemperie, anche a quelle della vita".

Roberto, lei è un simbolo per tanti malati. Cosa ricorda dei giorni in ospedale? "A gennaio ho scoperto della leucemia e sono stato al padiglione Seràgnoli, tutto bene, poi c’è stata una pesante infezione, sono stato anche in terapia intensiva ma ne sono uscito".

Così si arriva alla prima dimissione. "A fine a giugno. Lì è iniziata l’attesa del trapianto: sono stato fortunato, mia sorella era compatibile. Ma ora serve cautela, vediamo come evolve questa situazione".

Per molte persone però questo non avviene. "Il trapianto è bellissimo. Fino a qualche anno fa non c’era speranza di vita per i malati come me: ora sì. Ma non tutti hanno la mia fortuna".

Una grande opportunità. "E’ importante diventare consapevoli che tutti possiamo fare qualcosa con dei piccoli, ma grandissimi gesti. Sono riuscito a superare questi undici mesi grazie al contributo di chi ha donato sangue, midollo e sostenuto la ricerca. Purtroppo certe cose accadono all’improvviso, come una doccia fredda. Nulla è dato per scontato: può capitare a chiunque".

La sua bandiera ha fatto il giro d’Italia. "Sono gesti come quelli che ti danno la forza. Le sorprese, le improvvisate, l’amore dei familiari e degli amici".

E il Bologna, di cui lei è grande tifoso, le ha pure regalato due grandi sorprese. "La prima, grazie a Marco Di Vaio, durante il primo lockdown: mi arrivò un messaggio video della squadra, scritto su cartelli bianchi che venivano man mano mostrati".

E poi Sinisa. "Aveva visto la bandiera rossoblù, gli hanno raccontato la mia storia, quindi è venuto".

Cosa ha significato per lei? "Mi ha fatto un piacere immenso e mi ha dato forza. Mihajlovic mi ha detto che devo avere pazienza, che bisogna vivere ogni giorno al massimo, uno dopo l’altro, dandosi obiettivi graduali. Mi ha detto che bisogna avere coraggio. E mi ha invitato a Casteldebole".

Ci andrà? "Appena possibile. E allo stadio ci vado lo stesso, appena possibile. E’ una mia grande passione: a mia moglie l’avevo detto, prima di te ho sposato lo stadio. Ma voglio fare un ringraziamento, a chi mi ha curato: vorrei dire grazie a tutte le persone che lavorano al padiglione 8, dagli ambulatori ai piani superiori. Tutte persone piene di umanità: medici, infermieri, operatori, volontari Ail. E poi anche al padiglione Aferesi terapeutica, che ha seguito il pre e post prelievo delle cellule di mia sorella, le dottoresse Tassi e Sergio, e l’Ematologia con i dottori Curti, Vianelli e la Bonifazi".

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