Bologna, 12 dicembre 2020 - La bandiera rossoblù è lì da qualche giorno, nel giardino dell’Ematologia. Pochi piani sopra, all’istituto Seràgnoli del Sant’Orsola, un viavài di vite e medici, successi e sconfitte, corridoi che paiono infiniti e stanze protette dal mondo dei virus, dove a volte ti manca l’aria. C’è un uomo di 50 anni, che lotta contro la leucemia, ultratifoso del Bologna Fc. Quella bandiera è per lui. Gliel’ha lasciata un familiare, che ha anche piantato un cartello: "Per favore non buttarmi... Sto aspettando un mio amico per tornare a casa. Grazie". In poco tempo è diventata ‘virale’: c’è chi si chiede cosa significhi il messaggio, molti curiosi si fermano e la fotografano. Lei resta lì e sventola nel nome della battaglia a una malattia che sa essere spietata. Ma che può anche essere combattuta e battuta.
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Lo sa bene Sinisa Mihajlovic, che quella bandiera l’ha vista e nei giorni scorsi ha portato conforto al super tifoso. Da uomo a uomo, con la generosa onestà di sempre. Un incontro privato che però diventa una storia – pubblica – positiva. Una speranza in questi giorni cupi: il 50enne bolognese un incontro così non se lo sarebbe immaginato proprio, in un momento tanto delicato. Tutto nelle regole del Seràgnoli e del distanziamento sociale, s’intende. Ma d’altronde il destino ci ha messo lo zampino: stessa patologia, stesso reparto, stessa età. Il copione pareva già scritto, la trama infatti parla di conforto e vicinanza. E il 50enne che lotta sopra la bandiera della squadra del cuore, il Bologna delle tante emozioni, ha un’arma in più da sfoderare: l’allenatore del cuore, alleato nella stessa guerra.
La festa Sinisa Mihajlovic, 51 anni vissuti sempre al massimo
Sinisa Mihajlovic in queste settimane ha più volte parlato della malattia e di altri aspetti della sua vita, vista l’uscita del suo libro: "Sono sempre stato uno che divideva, non sono mai stato uno che univa e me ne prendo tutte le responsabilità. Con questa malattia praticamente sono riuscito a riunire tutti, anche quelli che mi dicevano ‘zingaro di m..’ – ha detto –. All’inizio devo dire la verità che mi piaceva, ero contento. Poi mi sono detto: Ma così è tutto piatto, non posso andare allo stadio che mi applaudono tutti". E a chi gli ha chiesto se lo sport l’abbia aiutato nella battaglia, ha detto ‘Sì’,ma con una specifica: "Io ho fatto del mio, però il merito va ai dottori. Io ci ho messo la mentalità e la voglia di vivere, di combattere, di lottare". E al Seràgnoli, nella camera del tifoso 50enne, queste parole non verranno dimenticate.
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