Omicidio dello spacciatore a Bologna, l’arrestato è ai domiciliari: "Solo legittima difesa"

Ieri in tribunale l’interrogatorio di Domenico Checchi, il giovane che ha ucciso il tunisino sul pianerottolo. L’indagato ha risposto a tutte le domande: "Bechir si era introdotto in casa mia e voleva aggredirmi".

Domenico Checchi, l’indagato, e Marouane Bechir, la vittima

Domenico Checchi, l’indagato, e Marouane Bechir, la vittima

Bologna, 28 maggio 2023 – Domenico Checchi, il trentunenne accusato di avere ucciso Marouane Bechir, 42, in casa propria in via del Borgo di San Pietro, va ai domiciliari.

Lo ha deciso dopo una lunga camera di consiglio la giudice per le indagini preliminari Nadia Buttelli, ieri sera, dopo un’udienza di convalida durata oltre sei ore. Alla presenza del proprio avvocato Alessandro Cristofori, il bolognese accusato di omicidio ha risposto con puntualità e lucidità alle domande del giudice e ha ricostruito la propria versione dei fatti della tragica notte tra mercoledì e giovedì.

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Ribadendo la tesi già illustrata in Questura alla pm Anna Cecilia Maria Sessa e agli agenti della Squadra mobile subito dopo l’arresto: quella della legittima difesa.

Alla fine, con un’ordinanza molto argomentata, pur riconoscendo la presenza di "aspetti critici" nella vicenda, la gip ha ritenuto che la dinamica dei fatti non fosse sufficientemente chiara da potere accogliere appieno le cause di non punibilità invocate dalla difesa – legittima difesa appunto, o eccesso colposo della stessa – e ha così convalidato l’arresto e disposto la misura dei domiciliari. Accogliendo in parte le richieste dell’avvocato Cristofori, che aveva invocato la scarcerazione dell’assistito e in subordine una misura alternativa al carcere.

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I fatti. Nella notte tra mercoledì e giovedì scorso, gli agenti della Squadra mobile sono intervenuti al settimo piano di un condominio di via del Borgo di San Pietro per una violenta lite sfociata nel sangue. Qui hanno trovato senza vita Marouane Bechir, noto spacciatore tunisino, raggiunto al viso e al petto da almeno tre colpi di un’arma rivelatasi poi un tirapugni con la lama.

Bechir era molto conosciuto nell’ambiente dello spaccio bolognese e aveva trascorso diversi periodi di detenzione nel carcere della Dozza. Lo stesso in cui fino a ieri si trovava il suo assassino, arrestato subito dopo l’omicidio. Il tunisino era anche salito all’onore delle cronache perché in una circostanza, dopo essersi autolesionato tagliandosi con una lametta mentre era in cella ed essere perciò stato accompagnato al Sant’Orsola, aveva dato in escandescenze e completamente distrutto la stanza di detenzione dell’ospedale in cui era ricoverato. E con i suoi atteggiamenti aggressivi aveva spesso creato problemi agli agenti e agli altri detenuti, in ambiente penitenziario.

Tornando a Checchi, ieri l’indagato e il suo legale hanno ribadito come il suo gesto fosse stato dettato dalla necessità di difendersi dalla vittima, che, secondo la ricostruzione, si sarebbe introdotta nel suo appartamento in modo "fraudolento", probabilmente a scopo di rapina, minacciandolo con un coltello. Perciò sarebbe nata la colluttazione in cui poi Bechir ha avuto la peggio.

Fuori dall’aula, fin dal mattino, è sempre rimasta la madre dell’indagato, in lacrime, accanto al marito.

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