Uccide la madre, l'autopsia rivela 87 coltellate

Il film del massacro raccontato dai medici: la vittima non si è difesa

Patrizia Gallo uccisa con 87 coltellate

Patrizia Gallo uccisa con 87 coltellate

Bologna, 21 ottobre 2016 - Ottantasette coltellate. Uno squarcio alla gola talmente profondo da arrivare alla colonna vertebrale. L’aorta recisa in tre punti. L’autopsia sul corpo di Patrizia Gallo racconta di una morte terribile, di un tentativo di difesa quasi inesistente, di una rabbia incontrollata. La cinquantaduenne uccisa dal figlio Mauro Di Martino, 36 anni, nell’appartamento che condividevano in via Caduti e dispersi in guerra, al quartiere Savena, non ha lottato per evitare la morte. È stata colta di sorpresa, come raccontano le sue mani, dove, a parte due profondi tagli ai polsi inferti dal figlio in un raptus di odio e violenza, i traumi da difesa sono minimi. Le altre coltellate all’addome, alcune molto profonde, hanno lesionato la maggior parte degli organi vitali. La furia di Di Martino ha risparmiato soltanto il volto di Patrizia. L’esame autoptico è stato eseguito mercoledì sera dal medico legale Emanuela Segreto, mentre in mattinata il gip Domenico Panza aveva convalidato l’arresto del trentaseienne che, dieci minuti dopo aver massacrato la madre, alle 21,30 di domenica scorsa, aveva chiamato la polizia per confessare l’omicidio.

Un delitto maturato in un contesto di insofferenza e rancore: Di Martino ha ammesso di aver agito perché stanco delle continue liti con la madre. La donna, che lo aveva ripreso in casa otto mesi fa, quando il ragazzo era uscito dal carcere dopo aver scontato cinque anni di reclusione, avrebbe voluto far rientrare il ragazzo in comunità. Lui, però, non voleva essere ancora rinchiuso. Né ricoverato, né carcerato. La luce nella testa di Di Martino potrebbe essersi spenta quando, al culmine dell’ennesima discussione, domenica pomeriggio, Patrizia Gallo ha preso il telefono e chiamato il 118, perché intervenisse a casa loro e portasse via il figlio che era sotto l’effetto di stupefacenti, probabilmente cocaina.

Quella telefonata urlata, che è stata acquisita dalla Squadra mobile, potrebbe essere stata la molla che ha fatto scattare la follia omicida nell’uomo. Circa un’ora dopo che i sanitari avevano lasciato l’appartamento al civico 14, senza riscontrare particolari criticità, Di Martino ha afferrato un coltello da cucina di 25 centimetri e messo a tacere per sempre quella voce che lo assillava. “Ora c’è silenzio”, ha detto ai primi poliziotti intervenuti, in quella macelleria che era diventata la sala da pranzo del piccolo alloggio Acer. La Squadra mobile, coordinata dal pm Michela Guidi, sta acquisendo anche le cartelle cliniche del trentaseienne, per riuscire a tracciare un quadro chiaro della sua situazione. La Procura ha infatti chiesto di valutare la capacità di intendere e di volere di Di Martino, difeso dall’avvocato Nicoletta Garibaldo, al momento dell’omicidio.

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