Prouse: "Scrivo per donare agli altri quello che ho imparato"

La giornalista e delegata della Croce Rossa Anna Prouse presenta il libro "Della mia guerra, della mia pace", raccontando la sua vita segnata da attentati e dalla lotta per la pace in zone di conflitto come Baghdad e Nassiriya. La sua esperienza la spinge a riflettere sulla necessità di reciprocità e fiducia per porre fine alle guerre.

Prouse: "Scrivo per donare agli altri quello che ho imparato"

Prouse: "Scrivo per donare agli altri quello che ho imparato"

Giornalista, delegata della Croce Rossa a Baghdad e consulente per il governo americano e italiano a Nassiriya. La vita di Anna Prouse (a destra nella foto) – ospite oggi pomeriggio alle 18 a Palazzo Marescotti, sede del Comitato della Croce Rossa dove presenterà il suo libro ‘Della mia guerra, della mia pace’ – è un lungo susseguirsi di eventi e storie, di sofferenze e grandi vittorie.

Prouse, che cosa l’ha spinta a scrivere questo libro e perché questo titolo?

"Ci ho messo anni prima di convincermi a farlo, l’idea di parlare della mia vita non mi piaceva perché sono sempre stata una persona riservata. Poi qualche anno fa mi è stato diagnosticato un tumore al cervello, i medici mi avevano detto che non sarei sopravvissuta. Nella mia vita sono sempre andata incontro alla morte, questa volta era la morte che veniva verso di me. Il pensiero di morire mi ha portato a riflettere e mi sono detta ‘ho avuto una vita dalla quale gli altri potrebbero trarne qualcosa’. E ho iniziato a scrivere".

Nella sua vita è sopravvissuta a tre attentati. Come e cosa ricorda di quei momenti?

"La prima volta è stata nel 2003, a Baghdad. Alcuni lo chiamano destino, altri divina provvidenza, non lo so, ma quel giorno sarei dovuta morire io. L’autista improvvisamente aprì il fuoco scaricando il kalashnikov contro la nostra macchina, io poco prima avevo avuto un presentimento e mi ero buttata a terra. Gli altri che erano con me morirono, io rimasi illesa. È stata una doccia fredda, in questi casi ti rendi realmente conto di cosa è la guerra".

Questo periodo storico è caratterizzato dalle guerre, quella in Europa tra Russia e Ucraina e quella in Medio Oriente tra Israele e Palestina. Che cosa manca per stabilire definitivamente una pace?

"Dovrebbero iniziare tutti a mettere, come si dice, acqua nel vino. Gli uni dovranno capire che non avranno tutto quello che vogliono, idem gli altri. Spero che queste guerre non si risolvano con un ‘tutto per uno’ perché vorrebbe dire che l’altro è stato distrutto completamente. Devono capire, soprattutto accettare, che tutti hanno il diritto di esistere. Noi comunità internazionale dovremo nel tempo trovare un modo perché si reinstauri, piano piano, la fiducia reciproca. Se non c’è quella, queste guerre non finiranno".

Essere donna pensa che l’abbia aiutata o penalizzata nel suo lavoro?

"Inizialmente mi ha penalizzata. Soprattutto quando mi trovavo davanti a generali o diplomatici, mi guardavano come per dire ‘chi è questa’. Io sono andata avanti, se sei testarda capisci che essere donna ti aiuta. Se fossi stata un uomo certe cose non avrei potuto dirle. Una volta, parlando con il governatore di un progetto, gli dissi che era impazzito a chiedere una determinata cosa. Io pian piano ho iniziato ad assumere donne, a portare le donne con me agli eventi. Volevo far capire loro che noi donne siamo capaci e non dobbiamo lasciarci dire che non lo siamo".

Chiara Caravelli

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