Bologna, racket funerali. Il tesoro sequestrato, nuove intercettazioni

Sequestrati 440mila euro in contanti, Rolex e gioielli agli indagati. Nelle carte una talpa in procura e un ex finanziere

Racket funerali, la consegna del denaro in ospedale ripresa dai carabinieri

Racket funerali, la consegna del denaro in ospedale ripresa dai carabinieri

Bologna, 19 gennaio 2019 - Anellini, braccialetti, collanine. Gli indagati non hanno saputo dire perché li avessero in casa. E il sospetto dei carabinieri è che quei piccoli monili d’oro siano stati rubati ai poveri defunti dagli addetti delle camere mortuarie degli ospedali Maggiore e Sant’Orsola e dai dipendenti delle pompe funebri, che con loro si arricchivano col business dei funerali (video).

Tutti finiti nell’indagine ‘Mondo sepoltodei militari dell’Arma che, nel corso di 43 perquisizioni, hanno sequestrato anche 440mila euro in contanti e 12 Rolex, per 55mila euro di valore. I preziosi orologi erano a casa della figlia di Giancarlo Armaroli, capo della Rif Service, uno dei due cartelli che si spartivano il mercinonio delle salme a Bologna. la donna gestiva per conto del padre la contabilità occulta del consorzio.

Per quanto riguarda l’altra associazione a delinquere che aveva alla testa Massimo Benetti del Cif, il patrimonio in nero era ben custodito nell’ufficio della no profit - ma sarebbe meglio dire ‘no tax’ - Oltre, in vicolo Ghirlanda. Qui, nella disponibilità della faccendiera Patrizia Bertagni, i carabinieri hanno trovato ben 112mila euro. Soldi che la donna aveva raccolto nel suo giro settimanale alle agenzie funebri consorziate e che venivano spartiti tra i sodali, oltre a essere usati per pagare gli informatori in ospedale.

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Che, ormai avevano tecniche rodate per entrare in empatia con i parenti dei defunti e riuscire a garantire così il servizio all’impresa amica e  bastonare, invece, chi non pagava. Gli operatori degli obitori erano macchine da soldi, come le intercettazioni dimostrano. Di fronte a chi si presentava con un preventivo fatto o un contatto con un’impresa non compiacente, non ci si faceva scrupolo a tirare in ballo il genitore morto – "Ci sono già passato con mio padre e mi hanno ‘mangiato’" – o a gettare discredito su alcune onoranze funebri: "Quell’agenzia è cara", "È meglio partire dal basso che dall’alto o no?". Per convincere gli indecisi venivano tirati in ballo diversi pretesti: una maggior celerità nella composizione della salma prediligendo un’impresa piuttosto che un’altra o inesistenti convenzioni sulle cremazioni. Nemmeno di fronte a tragedie il ‘mercato’ si fermava. Come nel caso della morte di una bimba di 21 giorni, per la quale la famiglia voleva procedere alla cremazione.

L’obiettivo dell’operatore dell’obitorio, però, rimaneva l’"appalto" all’impresa amica, che viene debitamente indicata. E una volta avuta contezza che l’affare era stato chiuso, alle rimostranze di un collega l’operatore replica con fermezza: "È vero che quelli non ci danno un c..., ma a noi non ci frega niente, quel poco è meglio che niente". In ogni caso restavano gli operatori delle camere mortuarie gli unici soggetti in grado di fare il bello e il cattivo tempo: dalle carte dell’inchiesta emerge che le imprese più propense a pagare mazzette si aggiudicavano stanze singole per le camere ardenti, mentre le altre quelle comuni fino anche alle postazioni fronte servizi igienici. Insomma, le peggiori nella scala del gradimento.

RACKETF_36347529_180931   Anche sul fronte delle imprese c’erano figure in grado di assumere ruoli operativi di rilievo. Uno dei consiglieri più fidati di Giancarlo Armaroli altro non è che un ex finanziere (non sottoposto a misura) con trascorsi tra le fila delle forze di polizia giudiziaria. L’uomo perfetto per "la risoluzione di problematiche di natura fiscale", rileva il gip Alberto Ziroldi, quello con "le amicizie giuste nel posto giusto", dicono di lui e che quando viene a sapere le date di possibili controlli avverte il ‘capo’ parlando in codice:  "Ho sentito le previsioni meteo per martedì che viene giù un temporale. Non si può andare in quel posto perché piove troppo, comunque martedì piove di sicuro".

L’ex finanziere non è l’unico soggetto che dimostra di sapere come destreggiarsi con gli organismi di controllo. A un certo punto, infatti, si diffonde la voce – anche grazie a un dipendente del Comune indagato – che la procura ha aperto un’inchiesta. "Bisogna stare attenti ai telefoni sotto controllo", ammonisce più volte Lelli e, dopo aver ricevuto segnalazione da un vicino di rumori notturni provenienti dall’ufficio, ha fatto cambiare la serratura e bonificare gli ambienti, "temendo vi fossero stati installati apparati di intercettazione", scrive il gip.

Non pago, "tramite una sua ex dipendente – va avanti Ziroldi – ha richiesto informazioni anche all’interno della procura tramite una terza persona non ancora identificata", ricevendo in risposta l’assenza di iscrizioni nel registro degli indagati. "Lunedì l’assistito risponderà alle domande del giudice – chiarisce già l’avvocato Guido Magnisi che con Aldo Savoi Colombis difende Lelli –. Nel frattempo l’attività dell’azienda non si ferma e i servizi sono tutti garantiti".  

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