Il corpo umano è composto al 60% di acqua, ma per la città di Bologna questa percentuale non basta. L’acqua si calpesta, lo si è sempre fatto, ma non si vedeva. Quasi mai, se non nella cartolina gentrificata del turismo mordi e fuggi. Finestrelle, canali tombati, chiuse, opifici, condomini che paiono piantati nella roccia medievale e invece galleggiano sui torrenti: la terza alluvione che squassa l’Emilia-Romagna dopo l’infernale maggio 2023 e il settembre 2024 si rivela in una notte di fine ottobre con un rigurgito oscuro. E l’acqua, questa volta, si vede eccome. Riemerge dalla storia e si trasforma in fango in una mattina beffarda di sole.
I NUMERI
In sei ore, sabato, cade la pioggia di due mesi (160 millimetri); le colline, sature del nubifragio di tre giorni fa, scaricano nelle strade e le strade diventano torrenti. I tombini non tengono, all’ora di cena una parte del centro è sott’acqua: San Mamolo, Andrea Costa, Riva Reno. Il canale Ravone, che scorre sotterraneo, è un magma che deflagra: l’acqua non arriva più solo dalla collina, ma esce dalle porte, dai pavimenti, dalle case, dall’asfalto. Fino a mattina tutta l’area metropolitana (Pianoro e Budrio sono in ginocchio) si allaga, alcuni argini non tengono, ci sono tracimazioni da Reggio Emilia fino al mare. È un bollettino di guerra anche a Modena e Cesenatico. E ci scappa il morto, un ragazzo di 20 anni sorpreso dall’acqua a Botteghino: sono diciotto le vittime delle alluvioni in diciotto mesi. A fine giornata si parlerà di oltre tremila evacuati (duemila nel Bolognese, mille nel Reggiano), 4mila utenze elettriche disalimentate (erano state 15mila nella notte) e danni milionari, in particolare a privati e agricoltura. La Regione Emilia-Romagna chiede l’ennesimo stato di emergenza, oggi scuole e università chiuse.
COS’È SUCCESSO
Quasi tutti gli affluenti del Reno tracimano. La presidente facente funzioni Irene Priolo dice che a Bologna "l’acqua non ci stava più dentro" e le piogge che si sono scaricate sulla collina hanno avuto un effetto rinforzato "dall’indice di saturazione dovuto a un nubifragio di due giorni fa". Per la presidente questi elementi hanno creato una "slavina d’acqua" che ha interessato condomini, negozi, scantinati e garage. Inoltre le previsioni e i modelli meteeorologici si sono rivelati vulnerabili: nessuno aveva previsto una tale quantità di precipitazioni nell’area bolognese.
LA MAPPA
Il fiume Savena e la sua ‘primigenia’ parte abbandonata (fu deviato nel 1776) rompe l’argine a San Gabriele di Baricella, nella Bassa bolognese, e causa problemi a San Lazzaro. Senio e Lamone, nel Ravennate, gestiscono invece i colmi di piena. A Modena Secchia e Panaro tengono, si registrano solo allagamenti sparsi mentre nel Reggiano, a Cadelbosco, è spaventosa la rottura del Crostolo. Lo Zena rende Pianoro una trappola mortale, l’Idice tracima a Vigorso e inonda Budrio, poi il fiume rompe alla Cardinala a Campotto, dove si incrociano le province di Bologna, Ravenna e Ferrara. La terra degli scariolanti, gente che ha sempre sanato paludi e costruito argini, ma questa volta resta senza parole nella pianura alluvionale. Il Sillaro esonda per la terza volta a Castel Guelfo, criticità per il Reno, la Ghironda e il Samoggia.
LA RIVIERA
Sabato pomerigggio era stata Cesenatico a finire sott’acqua: acqua arrivata dal cielo, con piogge paragonabili a quelle di Bologna, e dal mare, che si è scaricato sulle dune e sul porto canale leonardesco. Ristoranti, case e locali inagibili. Problemi anche a Tagliata, San Mauro, Gatteo e a Ravenna. Frane e linee ferroviarie interrotte.
LA PREGHIERA
Ma è Bologna a soffrire di più. Angeli del fango, volontari, normali cittadini: da San Mamolo a Costa-Saragozza, c’è una comunità ferita che si rialza. Tante chiese allagate. Una affaccia proprio sul Ravone. Il cardinale Matteo Zuppi ha parlato con la mamma di Simone, il ragazzo morto a Botteghino: "Gesù parla di pioggia che cade e fiumi che straripano e rivelano il fondamento. Sperimentiamo in piccolo la forza di pandemie che travolgono tutto e rivelano la fragilità della nostra vita e la necessità di prenderci insieme cura del creato e di ogni creatura".
LE PROSPETTIVE
La presidente Priolo chiede un "Piano Marshall. Non bastano più le regole e la gestione ordinaria per eventi così importanti. Le Regioni da sole non bastano più. Serve un piano nazionale di messa in sicurezza idrogeologica del Paese".