
Un Centro di assistenza e urgenza in una foto di archivio
Bologna, 30 maggio 2025 – "Un progetto nato male, proseguito peggio". Le parole dello Snami, il Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani, sembrano sintetizzare il pensiero di diversi sindacati di categoria riguardo all’ormai prossima chiusura notturna dei Cau di Casalecchio, Navile e San Lazzaro. Da luglio infatti si torna all’antico: i Centri di assistenza e urgenza chiuderanno durante la notte in questi tre punti della città, con i cittadini che dovranno (ri)affidarsi alla guardia medica. Questa decisione, secondo Roberto Pieralli, presidente cittadino dello Snami, "rappresenta l’opportunità concreta di ristrutturare i servizi territoriali lasciati all’abbandono istituzionale da troppi anni". Come a dire: non tutti ’i mali’ vengono per nuocere.
Attacca questa scelta anche Salvatore Bauleo, segretario provinciale Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale): "I colleghi della guardia medica visitano i pazienti anche a domicilio, ma non mi risulta che verranno potenziati i servizi e il personale della continuità assistenziale".
Quella di sospendere le attività nei centri d’assistenza durante la notte è una decisione che va nella direzione di "un rinnovamento strutturale" di tutta la medicina territoriale, "ma non significa che sarà la regola che seguiranno tutti i Cau", fa invece chiarezza l’assessore regionale alle Politiche per la Salute Massimo Fabi. Per questo specifico caso, l’ipotesi al vaglio è una chiusura dalle 20 alle 8 o dalle 24 alle 8 per i tre Cau in oggetto.
I rappresentanti di categoria stanno invece negoziando per una compresenza dalle 20 alle 22 del personale di guardia medica (in servizio dalle 20) e dei Cau, per poi chiudere i centri dalle 22 alle 8. In quest’ultimo lasso di tempo chi ritiene di avere una patologia di lieve gravità potrà rivolgersi alla guardia medica. Il prossimo passaggio sarà a metà giugno, quando verrà formalizzata alla Conferenza territoriale metropolitana socio-sanitaria questa ‘rivoluzione’ della sanità territoriale.
"Non è nostra intenzione chiudere i Cau, fino a oggi hanno dimostrato grande efficacia ed efficienza", spiega Fabi. Regione e sindacati "inoltre stanno lavorando a un accordo che va verso l’implementazione delle Aggregazioni funzionali territoriali (Aft). Il nostro obiettivo sarà sempre la garanzia del servizio pubblico e universalistico", continua l’assessore. Tuttavia si tratta di un passo indietro che per tanti, fra i rappresentanti dei lavoratori,, significa riconoscere "il fallimento dei Cau".
Lo pensa anche Marta Evangelisti, capogruppo FdI in Regione: "Fabi ammetta con responsabilità e coraggio che il modello Cau ha fallito. La chiusura rappresenta l’ennesima dimostrazione di una gestione sanitaria confusa, improvvisata e profondamente carente. I Cau sono costati milioni, sia in termini economici che organizzativi, e ora già si prevede di chiuderli di notte. Allora a cosa sono serviti?".
Ma è non solo una questione economica. Per i rappresentanti dei camici bianchi il nodo principale è la carenza di personale sanitario: "È evidente che l’organizzazione dei servizi non sia basata su una programmazione dettagliata, ma sulle carenze di organico", argomenta Paolo Palmarini, segretario generale Uil Fpl Emilia-Romagna e Bologna. Secondo Stefano Franceschelli, segretario generale Cisl Fp Area Metropolitana, invece "la questione da porsi è se questi centri hanno risposto alle esigenze per cui sono nati". Su questo interviene anche la Cgil: "I Cau sono nati per offrire cure a problemi di salute non gravi – dice Gianni Monte, segreteria Camera del lavoro di Bologna con delega alla Sanità e al Welfare –. Gli accessi nella fascia oraria notturna sono pochi, il vero nodo è capire come migliorare i centri d’assistenza e avvicinarli ai cittadini, in particolare delle periferie". Cgil, Cisl e Uil avvertono: "Dovesse la Direzione generale procedere in maniera unilaterale, ci batteremo per far valere i diritti dei cittadini e di chi lavora nelle strutture".
Ieri, infine, si è svolto un incontro fra sindacati e Ausl in cui si è parlato dei Cau e anche dell’ipotesi di chiudere il Pronto soccorso di Bazzano per trasformarlo in un punto di Primo intervento.