
Stanno crescendo, in maniera preoccupanti, i numeri delle violenze sessuali in città. Molto spesso le vittime vengono aggredite in luoghi pubblici come vie del centro o autobus e, in tanti casi, la violenza si consuma in pieno giorno. A parlare di questo fenomeno è Elsa Antonioni, socia fondatrice della Casa delle Donne.
C’è stato un aumento delle violenze sessuali in città, soprattutto al di fuori delle mura di casa. Cosa succede?
"È un fenomeno asimmetrico, sono uomini o ragazzi che vogliono stuprare con diverse modalità. In tanti casi vengono prese di mira donne in uno stato di minima coscienza, così la violenza diventa più facile da compiere. Le ragazze vengono viste come delle prede, se l’aggressore riesce un minimo ad avvicinarsi ecco che si innesca la dinamica. Purtroppo si sta diffondendo a macchia d’olio la cultura del ‘faccio sesso attraverso lo stupro’. La donna è solo un corpo, nient’altro".
I responsabili delle aggressioni sono, in molti casi, minorenni. Come se lo spiega?
"La cultura del possesso, che nella quasi totalità dei casi ha come conseguenza la violenza sessuale, parte dal basso. È un problema trasversale che accomuna i ragazzi e gli adulti. Spesso i giovani agiscono in branco, o comunque non da soli. Questo è un elemento che dà forza nel compiere la violenza".
Spesso emerge indifferenza da parte di chi assiste alla violenza in luoghi pubblici. È paura o altro?
"Fortunatamente assistiamo a un’inversione di tendenza in questo senso. Credo, però, che spesso ci sia una forma di paura da parte delle persone. Per questo chi chiede aiuto per altri deve in primis sentirsi in una condizione di sicurezza, altrimenti è difficile che intervenga. Anche perché, come vediamo, le violenze quasi sempre vengono compiute da più persone. Sono fenomeni che vanno analizzati con una certa attenzione proprio per capire e riuscire a sollecitare le richieste di aiuto".
Perché ancora si tendono a minimizzare palpeggiamenti o episodi di ‘catcalling’ non riconoscendoli come violenza?
"Perché la donna viene vista solo come un corpo e quindi può essere toccata o apprezzata in quanto tale, senza il suo consenso. Purtroppo assistiamo a una totale mancanza di etica. Questi episodi, di per sé gravissimi, lo diventano ancora di più quando avvengono in un luogo di lavoro perché la donna si trova di fronte a un bivio: denunciare e rischiare di perdere il posto o fare finta di niente per mantenere la sua sicurezza economica".
Si parla sempre della violenza quando succede, ma quasi mai del dopo. Che tipo di percorso affronta una vittima?
"Per prima cosa c’è da dire che uscire dalla violenza è possibile, ma difficile. La violenza sessuale è una ferita profonda ed estremamente traumatica per una donna, soprattutto perché in molti casi risveglia nella vittima traumi passati. È un processo lungo che dipende molto da come la violenza si è consumata, se la donna è riuscita a reagire subito oppure no. La cosa importante, in questi casi, è validare il trauma a prescindere dalle modalità".
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