Sentenza "tempesta emotiva", la Cassazione dice no allo sconto di pena

La Corte d'assise d'appello aveva quasi dimezzato la pena a Michele Castaldo per l'omicidio di Olga Matei. Accolto il ricorso della Procura generale di Bologna

Sentenza 'tempesta emotiva', il caso in Cassazione. Nel riquadro Olga Matei

Sentenza 'tempesta emotiva', il caso in Cassazione. Nel riquadro Olga Matei

Bologna, 8 novembre 2019  - No alle attenuanti generiche per Michele Castaldo, per l'omicidio di Olga Matei, strangolata a Riccione nel 2016. La Cassazione ha accolto il ricorso della procura generale di Bologna e annullato la sentenza della Corte d'assise d'appello che aveva quasi dimezzato la condanna, da 30 a 16 anni, valorizzando la perizia psichiatrica sull'imputato, che aveva rilevato una 'soverchiante tempesta emotiva' causata dal vissuto dell'uomo. 

Il caso fece discutere proprio per le motivazioni della sentenza che, a ridosso dell'8 marzo, valorizzava tra gli altri elementi la perizia psichiatrica su Castaldo secondo la quale l'imputato fu preda di una "soverchiante tempesta emotiva e passionale" dovuta al suo vissuto.

Il delitto avvenne a Riccione il 5 ottobre 2016: i due si frequentavano da circa un mese quando l'uomo, in una crisi di gelosia, la strangolò a mani nude e poi tentò il suicidio; un gesto ripetuto anche in carcere, a marzo. 

"Gli stati emotivi e passionali possono essere valutati dal giudice per la concessione delle attenuanti generiche e questa valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice del merito": per questo va confermato il rilevante sconto di pena per Michele Castaldo", era la posizione espressa oggi dal sostituto pg della Cassazione Ettore Pedicini, che aveva chiesto di respingere perché "inammissibile" e "infondato" il ricorso presentato dalla procura generale di Bologna contro la sentenza della Corte d'assise d'appello del capoluogo emiliano.

Le attenuanti riconosciute in appello a Castaldo - detenuto in carcere a Ferrara - riguardavano non solo la 'tempesta emotiva' emersa in una perizia psichiatrica svolta durante il processo, ma anche la sua confessione, il fatto che fosse incensurato, nonché l'intenzione di risarcire il danno. Questi punti, in secondo grado, sono stati ritenuti equivalenti alle aggravanti di aver agito per futili motivi e in preda alla gelosia. 

La procura generale di Bologna aveva presentato ricorso ritenendo che la "gelosia" non potesse concorrere quale attenuante. Ora la Cassazione ha annullato la sentenza riguardo al riconoscimento delle attenuanti generiche. Dovrà dunque celebrarsi un nuovo appello a Bologna.

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