AMALIA APICELLA
Cronaca

Tricarico: "Sul palco riscopro il valore umano"

Stasera a Lama di Reno il concerto-reading dell’artista. "L’abuso della tecnologia sta rovinando il mondo, io racconto la vita vera"

Francesco Tricarico, 54 anni, artista milanese in scena alle 21 al Cellulosa

Francesco Tricarico, 54 anni, artista milanese in scena alle 21 al Cellulosa

Alle soglie dei 25 anni di carriera fra musica e arte, ‘Buonasera, io sono Tricarico’ è il modo in cui il cantautore si ripresenta al pubblico, dopo aver raccolto appunti, pensieri limpidi e intimi. L’esordio discografico con ‘Io sono Francesco’, nel 2000, fu un caso. La canzone diventò un tormentone, pure per quella parolaccia nel testo rivolta alla maestra, che aveva chiesto al piccolo Francesco un tema sul papà, ignorando che il bambino fosse orfano. Il nuovo live non si può definire solo un concerto o un reading. È un percorso in cui Tricarico si racconta attraverso canzoni, monologhi, frammenti. Accompagnato da Michele Fazi al pianoforte, stasera alle 21 è al Cellulosa di Lama di Reno (Marzabotto).

Tricarico, per fare lo spettacolo ha indagato il suo passato.

"Grazie alla musica sono riuscito a fare chiarezza e mettere in ordine molte cose. Ho avuto la fortuna di riuscire a dare forma a emozioni, sensazioni, idee che erano in me, ma creavano un grande caos".

Quando è iniziata l’indagine?

"È un percorso intenso e lungo, che parte da Francesco e si chiude con ‘Buonasera, io sono Tricarico’: la storia di un bambino, che diventa ragazzo, poi adulto e padre. Un bel racconto".

Quali emozioni è riuscito a mettere in ordine?

"Un po’ tutte quelle che hanno contraddistinto il periodo. Amore, mancanza, affetto e gioia. Oppure idee e slanci che si alternavano a momenti bui. La fortuna della musica e della poesia è che rendono tutto meno retorico e banale".

Che effetto fa consegnare il lato più intimo al pubblico?

"È naturale, mi permette di affrontare la mia storia. In un momento storico disumano, mi sembra una cosa buona che qualcuno racconti una storia personale".

Cosa la spaventa?

"L’abuso della tecnologia sta portando una grande arretratezza spirituale e umana. Sembra tutto molto distorto".

Quindi la dicotomia tra reale e virtuale?

"Sì, credo sia un momento estremamente delicato e che ci sia una grande capacità manipolatoria dietro una comunicazione invasiva. Questo spettacolo vuole ricordare che siamo umani, fragili, estremamente complessi e misteriosi, e che nessuna tecnologia potrà rivelarci a noi stessi".

In questo periodo si è allontanato dalla pittura per lasciare spazio alla musica?

"Momentaneamente sì, ho abbandonato i colori. Ho sempre pensato che fosse un’arte alla quale cui mi sarei dedicato andando avanti con gli anni. Poi un gallerista ha permesso che i miei lavori venissero alla luce, così la pittura è diventata una relazione col mondo, manifesta, non più solo mia. Ora mi occupo di parole e poesia. La musica resta il mio primo grande amore". Prenotazioni: culturaeventi@scoiattolo.org.

Amalia Apicella