Villa Inferno Bologna festini: viaggio nei locali vip, dove 'nevica' cocaina

Il nostro reportage nei luoghi indicati da una delle testimoni chiave dell’inchiesta Villa Inferno alla ricerca di sballo e festini

Nell’inchiesta che ha origine da Villa Inferno sono finiti nel mirino anche diversi locali

Nell’inchiesta che ha origine da Villa Inferno sono finiti nel mirino anche diversi locali

Bologna, 16 novembre 2021 - Le vie della coca sono infinite. Non solo i nomi di professionisti, imprenditori, sportivi – persino un frate – sono finiti nel mirino delle indagini del Nucleo investigativo dei carabinieri, coordinati dal pm Stefano Dambruoso, per fare luce sul presunto giro di festini a base di coca e sesso in appartamenti e ville della ‘Bolobene’. Nelle testimonianze delle ragazze da cui si è aperto il fascicolo che ipotizza i reati di spaccio e favoreggiamento della prostituzione ci sono anche lounge bar, speakeasy, locali in voga, da cui partirebbe la rete di conoscenze e polvere bianca che come un velo va poi a coprire le serate di alcuni esponenti della classe benestante della città. Ma in questi locali ‘in’ è davvero così semplice procurarsi della cocaina e, addirittura, trovare la finestra con vista sul pantano dei ‘festini stupefacenti’? Per capirlo, la nostra curiosità sugli ingranaggi che fanno galoppare lo spaccio in città ha fatto un salto di qualità, al pari delle indagini generate dall’inchiesta madre di Villa Inferno.

Il focus Villa Inferno a Bologna, tutti ai festini: un medico, un dentista, il produttore

Villa Inferno Bologna, l’inchiesta si allarga: "Ai festini c’era anche un frate" - Villa Inferno Bologna, nuova inchiesta su cocaina e festini. Trema la città bene Il nostro test. Venerdì scorso, fingendoci studenti universitari fuorisede a caccia di sballo, abbiamo fatto una serata di staffetta tra alcuni dei locali citati nelle testimonianze ora all’esame degli inquirenti. Il nostro test inizia da un noto locale del centro, dove la serata trascorre nella completa normalità. L’impressione è che non ci sia percezione degli occhi puntati sul presunto giro di droga. Fino a quando, dopo alcuni convenevoli, andiamo al sodo e chiediamo a un dipendente "qualcosa per fare festa". La risposta è secca e precisa: "Dipende da cosa vuoi. Posso procurarti degli acidi". Forziamo la mano e chiediamo della cocaina, ma c’è poco da fare in questo caso: "Io non ti conosco, quindi non posso indicarti qui chi la vende". Incassiamo e, intuendo come il passaparola e la confidenza siano gli strumenti per intavolare una transazione, traslochiamo in un altro locale messo nero su bianco dalle testimonianze choc. Chiacchiere da bar. Qui, alle 2 circa, approcciamo due persone, con cui iniziamo a discutere come se fossimo vecchi amici al bar. Ma a tenere banco non è il pallone, bensì la nostra "voglia di fare festa" con due ingredienti principali: "compagnia e cocaina". La prima reazione alla seconda richiesta è un ammonimento: "Di coca non ne parliamo ora". A questo segue un accenno, a un cliente vicino che stando al nostro interlocutore "di coca ne gestisce", ma non di certo per due studenti fuorisede. Aspettiamo che la presenza ingombrante ci lasci e torniamo sul tema. "Quindi dove possiamo trovarla? Abbiamo provato in Piazza Verdi…". Neanche il tempo di finire la frase che arriva un secondo ammonimento: "Lasciate perdere quella merda. Noi qui prendiamo solo ‘roba’ buona, non tagliata. Roba che voli. Anche della ‘pinka’". Nuove varietà. La ‘pinka’ è volgarmente la cocaina rosa, nota anche come la droga ‘dell’alta società’. È tecnicamente un eccitante, in polvere di colorazione rossastra, che combina l’effetto devastante degli allucinogeni. "Una mia conoscenza a Castel Maggiore ha la cocaina migliore". "E poi dove la assumete?". Eccola, la chiave che apre il vaso di Pandora di un racconto choc che ripercorre per filo e per segno come l’avanguardia del divertimento nella ‘Bolobene’ sia "portare la coca buona in una casa o un appartamento privato" e lì consumarla in compagnia di amici, di amiche e di professioniste. E le restrizioni anti-Covid? "Il lockdown è durato due mesi". Dopodiché "zona rossa o coprifuoco non importa. Un modo lo si trovava sempre". Testimonianza choc. Un modo per "incontrarsi in gruppi e ‘pippare’, fare sesso". Solo parole? No. Immagini, perché i nostri interlocutori a testimonianza ci mostrano foto che ritraggono uno di loro in un’abitazione privata, nudo, con cocaina e altre persone, anch’esse nude, compresa qualche ragazza in intimo. "Le ragazze o le conosciamo già o le chiamiamo direttamente da un sito di escort". Anche il sito da cui provengono le donne ci viene mostrato e qui troviamo un vero e proprio campionario, con escort che oltre al numero di telefono e la zona aggiungono tariffe, servizi e recensioni. La promessa. Il nostro fingerci interessati, dopo un’ora abbondante di credibile conversazione a queste latitudini, che nei nostri interlocutori instaura quella necessità di fiducia indispensabile per fare breccia, ci fa concludere l’incontro con una promessa: "Questi sono i nostri numeri, ma non usate internet, solo messaggi o telefonate e non dite mai cosa volete. Chiamateci, vi facciamo passare il miglior anno fuorisede della vostra vita". Già, perché prima di salutarci uno dei due fiuta l’affare e propone: "Se volete entro le 5 ve ne posso procurare un po’". Decliniamo l’offerta e salutiamo dopo appena un assaggio della vita segreta della nostra città, su cui ora Procura e forze dell’ordine stanno indagando. Perché per ogni festino a base di sesso e cocaina c’è qualcuno che provvede, all’una e all’altra. E stando ai nostri interlocutori: "Bologna è un mercato fiorente".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro