di Nicoletta Tempera
Una zampa di volpe, o di coniglio. E una minaccia: "Rescigno, hai già perso. Ora vattene dal dipartimento, puoi farti male...". Il dipartimento è quello di Scienze politiche, in Strada Maggiore a Bologna, e destinataria della missiva è una docente associata di Diritto, la professoressa Francesca Rescigno, figlia del giurista Pietro. Che martedì, andando a controllare la sua posta nella buchetta in università, ha trovato, assieme alle tesi dei suoi studenti, anche la lettera. "Ero entrata in studio con una laureanda – spiega la docente –, stavamo discutendo della sua tesi e intanto io aprivo la posta. Mi è capitato tra le mani questo foglio A4, accartocciato. L’ho aperto: dentro c’era la zampetta". Nello studio è calato il silenzio. "Poi ho visto le minacce, scritte dietro", dice la professoressa Rescigno. La lettera e il suo contenuto sono stati subito portati alla polizia, dove la giurista ha sporto denuncia. E adesso sono in corso le indagini, per capire chi sia il mittente. "Non ho idea di chi possa aver fatto una cosa simile – dice la docente –, però ritengo possa essere collegato al concorso per professore ordinario di Diritto pubblico comparato a cui ho partecipato, i cui risultati sono usciti venerdì". Anche per questo, "per evitare accuse di vittimismo", dice, la professoressa ha deciso di rendere note le minacce solo ora. Il sospetto della prof è che la mano che ha agito sia di qualcuno che lavora in università e conosce bene Rescigno: "Dopo tutto – spiega – il contenuto è chiaro: è qualcuno che non mi vuole in dipartimento". Ma perché? "Forse perché sono ‘scomoda’. Per il mio impegno per i diritti delle donne, delle minoranze... E anche degli animali. Chi mi ha mandato quella zampetta doveva sapere quanto io ami gli animali, quanto ci tenga e che sono una giurista che si occupa anche di Diritto degli animali. A casa ho anche un gatto rosso e quando ho visto quella zampina è calato il gelo. Per fortuna non ero sola, c’era la mia laureanda, che ha assistito alla scena ed è rimasta anche lei sconvolta".
Adesso la docente attende che le indagini facciano il loro corso. Ma non sono semplici: in via De’ Bersaglieri e nel corridoio di palazzo Hercolani dove si trovano le cassette delle lettere non ci sono telecamere. O meglio, una ci sarebbe, ma a quanto pare non funziona. Intanto però aL lavoro in Strada Maggiore non è più sicura: "Ho passato giorni molto difficili – racconta –. E tornare a palazzo Hercolani con questo spirito mi rende molto tesa. Per questo vorrei essere trasferita in un altro dipartimento, dove sentirmi libera di insegnare e portare avanti le mie idee in un ambiente che non mi è ostile. Nessuno dei colleghi, tra l’altro, mi ha espresso solidarietà per quanto accaduto".