Bologna Fc, Sinisa Mihajlovic esonerato: "Datemi altro tempo". Ma il club ha detto no

L’ultimo incontro tra dirigenti e mister a Roma, a casa del tecnico: inutile la richiesta di cinque partite in più per rilanciarsi. Saputo: "La decisione più difficile da quando sono presidente". Fenucci: "Verso di lui un’amicizia e un affetto unici"

Joey Saputo (Schicchi)

Joey Saputo (Schicchi)

Bologna, 7 settembre 2022 - La favola è finita. O meglio, si è dissolta piano piano, sfumando in una storia che rimarrà indelebile. E proprio perché indelebile e unica, avrebbe meritato un lieto fine. Invece il divorzio tra Mihajlovic e il Bologna si è consumato in un modo troppo lento e logorante, per entrambi.

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Almeno di una cosa Sinisa può dirsi felice: è tornato a dividere, dopo che la sua battaglia alla leucemia lo aveva reso un’icona di forza e speranza ammirata in tutto il mondo, celebrata in tutti gli stadi. L’epilogo così travagliato, infatti, ha prestato il fianco a spiacevoli interpretazioni, a fazioni, giudizi, sentenze di colpa e assoluzioni: tutto ciò di cui non aveva bisogno questa storia di pallone e d’amore, di emozioni e sofferenza, di sogni e paure, uscita presto dal rettangolo verde di gioco per abbracciare una città intera. E’ stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati, direbbe De Andrè.

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La parola fine è stata messa ieri pomeriggio a Roma, dove i dirigenti rossoblù sono andati per incontrare Sinisa a casa sua e tentare un accordo su come gestire il finale: perché i titoli di coda erano già partiti dopo il brutto pareggio con lo Spezia, il terzo in cinque gare senza vittorie. Così, poco prima di pranzo, l’amministratore delegato Fenucci, il capo dell’area tecnica Giovanni Sartori e il diesse Marco Di Vaio hanno preso un treno per la capitale - il classico ultimo treno - sperando di convincere il tecnico serbo a fare un passo indietro: chiaramente non era una questione di soldi, ma di forma. Fedele alla sua natura da guerriero, Mihajlovic ha detto no a un passo indietro, chiedendo la possibilità di un’altra battaglia, dicendosi convinto di avere ancora la squadra in pugno. Quasi due ore di confronto, in cui il tecnico ha rivendicato il diritto ad avere più tempo, complice un mercato a rilento e una rosa mezzo rivoluzionata. Il suo ragionamento è stato: datemi altre cinque partite, se poi dopo dieci giornate i risultati non si vedono ancora, allora sarò io a farmi da parte. Ma alla società era già bastata l’alba di questa stagione per convincersi che il sole non sarebbe mai spuntato sopra Casteldebole. E, allora, di fronte all’evidenza di un muro, il Bologna ha dovuto scavalcare.

"Si interrompe oggi il rapporto professionale", è l’incipit della nota pubblicata dal club poco dopo le 17. Nel lungo comunicato non si usa mai la parola esonero, perché - è il senso - quel termine si riferisce alla fine dei rapporti di lavoro normali e quello con Sinisa non è stato solo un rapporto di lavoro e men che meno un rapporto normale. E’ stato molto, molto di più. E’ stata un’identificazione totale tra una città, un popolo e il suo condottiero.

L'epopea sotto le Due Torri

L’avvio champagne nel gennaio 2019, quando dalla ceneri della gestione Inzaghi, Mihajlovic costruì una fenice capace di volare dalla retrocessione fino al decimo posto. Poi nel luglio dello stesso anno, il tremendo temporale con l’annuncio choc della leucemia: i bolognesi che si stringono attorno al loro allenatore e il loro allenatore che il 25 agosto, nel pieno delle cure, si presenta a sorpresa a Verona per il debutto della squadra perché "glielo avevo promesso". Scheletrico, senza voce, ma con un vistoso cerotto sul collo. I medici avevano dato il divieto. "Ero un morto che camminava", racconterà poi. Il gigante non ha paura di mostrarsi fragile e i tifosi non lo abbandonano mai: fanno persino un pellegrinaggio a San Luca per lui. A ottobre il trapianto che apre una strada fino alla guarigione. Intanto arrivano due dodicesimi posti all’insegna della tranquillità e una cittadinanza onoraria (novembre 2021) a coronare il rapporto speciale con la città. Lo scorso marzo il secondo fulmine a ciel sereno: la malattia si ripresenta e lui la riaffronta a testa alta. La squadra reagisce alla grande e lo fa per il suo tecnico: sei risultati utili di fila e la vittoria clamorosa contro l’Inter a cui l’indomani fa seguito una visita speciale sotto la finestra del Sant’Orsola. "Sini is on fire", gli cantano Soriano e compagni, e lui affacciato dalla finestra si commuove. Altro nodo alla gola, ma anche altro nodo su un legame umano che non si scioglierà mai. Quello sportivo, purtroppo, è sempre destinato a finire. E probabilmente si è già esaurito quando club e tecnico a maggio decidono di proseguire, apparecchiando di fatto in quel momento la tavola a un epilogo brutto, non all’altezza della storia.

Il commento di Fenucci

"A Sinisa mi legherà sempre un’amicizia e un affetto oltre i rispettivi ruoli professionali, ma ci troviamo a dover fare questa scelta dolorosa per il bene della squadra. Il suo è un esempio che resta nella storia del nostro club", il commento di Fenucci, che pure all’inizio aveva provato a spingere per andare avanti insieme almeno fino alla Fiorentina. Ma Saputo aveva già le idee chiarissime nel post-Spezia. "E’ stata la decisione più difficile che ho preso da quando sono presidente del Bologna", le parole affidate alla nota. Non c’era, ieri, il patron: era decollato in mattinata verso gli Stati Uniti. Pare che Sinisa non abbia apprezzato la sua assenza e, in generale, il trattamento ricevuto negli ultimi giorni dal numero uno rossoblù. E’ un Sinisa arrabbiato, abbattuto. "Ragazzi, siamo stati esonerati", l’sms inviato attorno alle 15.30 a tutto il suo staff. Li sentirà uno a uno più avanti, si vedranno. Ma non ora. Lo stesso con i giocatori, anche se alcuni lo hanno chiamato, dicendosi sorpresi e dispiaciuti. Ama ripetere Sinisa: "Se sono quello che sono è anche grazie a qualche errore". E se Bologna oggi è una città migliore, è anche grazie a Sinisa.