Cesena, barista va in Ucraina per portare in salvo i parenti: "Non potevamo abbandonarli"

Il barista Mauro Massimi e la moglie Ivanna sono partiti in auto da Borghi verso l’Ucraina e hanno riportato tre ragazzi di 14, 13 e 8 anni

Mauro Massimi e Ivanna con i nipoti Maxim, Andry e Ania e il nonno Iuri nel Bar Moka

Mauro Massimi e Ivanna con i nipoti Maxim, Andry e Ania e il nonno Iuri nel Bar Moka

Cesena, 5 marzo 2022 - I parenti della moglie, di origine ucraina, rischiavano di rimanere coinvolti nel conflitto e lui non ci ha pensato due volte: è partito in auto da Stradone di Borghi, ha attraversato mezza Europa, ha raggiunto l’Ucraina e li ha portati in salvo in Italia. Mauro Massimi, sposato con Ivanna Yoytyuk, la settimana scorsa ha chiuso il Bar Moka che gestisce a Savignano in via Garibaldi 10 ed è partito per l’Ucraina. Seguito il giorno dopo dal fratello Massimo che abita a Ravenna e ha sposato Rossana, la sorella di Ivanna. Giovedì sono tornati a casa portando i loro tre nipoti Maxim 14 anni, Andri 13 e Ania 8, figli del fratello delle due donne e il babbo Iuri 66 anni. Ieri Mauro e Ivanna hanno riaperto il bar, fra le congratulazioni e l’affetto di centinaia di persone.

"Abbiamo pensato di andarli a prendere appena è scoppiata la guerra" racconta Mauro. "Abbiamo aspettato un attimo per capire cosa stesse succedendo. Poi mio fratello ci ha chiamati e ha detto di andare a prendere i loro figli per portarli in salvo in quanto la situazione era molto pericolosa" aggiunge Ivanna. Nel giro di poche ore la ‘spedizione’ è partita. Si trattava di raggiungere un paesino sperduto nel centro-ovest dell’Ucraina, in una zona non servita dai trasporti pubblici. Alla frontiera tra la Polonia e l’Ucraina Mauro è stato bloccato, allora Ivanna si è messa alla guida ed ha percorso 440 chilometri per raggiungere i parenti. Paura? "Certamente – racconta la donna – sentivo gli allarmi e alla radio dicevano di nascondersi. Mi sono dovuta fermare per il coprifuoco dormendo in macchina e alla mattina via di nuovo. Sono rimasta con i miei famigliari sei ore e poi sono ripartita con loro quattro tornando al confine dove c’era mio cognato Massimo con l’altra auto". In Ucraina sono rimasti comunque molti altri familiari.

"I nostri parenti alloggeranno a casa nostra a Stradone di Borghi – prosegue Ivanna – I clienti e gli amici di Savignano e Borghi hanno dimostrato molto affetto accompagnandoci con continue telefonate durante il viaggio e non ci hanno fatto sentire mai soli in questa settimana. Una vicinanza che continua tutt’ora, anzi ancora di più". "Ora i tre ragazzi – aggiunge la donna – hanno bisogno di sentirsi protetti, amati, accolti e per quello che possiamo cerchiamo di rimediare noi, ma loro hanno ancora bisogno dei genitori che sono rimasti in Ucraina. Poi nei prossimi giorni servirà impegnarli oltre alle ore di studio, con corsi di integrazione, di lingua e di svago, compreso lo sport". Dalla popolazione di Savignano, Borghi e della Valle del Rubicone sono arrivati già numerosi segnali di affetto e disponibilità per i profughi. "C’è chi ci ha chiesto se abbiamo bisogno di letti, abiti e tutto – raccontano ancora Mauro e Ivanna – Cerchiamo di non fare mancare nulla a loro. Vogliamo ringraziare il sindaco di Borghi Silverio Zabberoni, l’Asp del Rubicone, azienda servizi alla persona, con il suo presidente Salvatore Bertozzi e il direttore Manuele Broccoli e tutti coloro che si stanno attivando non solo per i nostri nipoti e per tutti gli ucraini che stanno arrivando. L’importante è che cessi immediatamente la guerra. Tutto il resto si risolve".

I tre nipoti appaiono contenti di essere arrivati in Italia ma restano preoccupati per i genitori e gli amici rimasti in Ucraina. "Intanto – raccontano – continueremo a studiare in Dad collegati con le nostre classi di terza elementare, terza media e prima superiore. Pensiamo però che chiudano le scuole per un po’ e ci mandino in vacanze anticipate".

«Il momento più terribile – dicono i tre ragazzi ucraini – è stato quello della mattina in cui il babbo ci ha svegliati e ci ha detto che era iniziata la guerra e che sarebbero potuti arrivare i bombardamenti. Poco dopo abbiamo sentito la terra tremare, non era il terremoto, ma le bombe cadute. Non è possibile descrivere cosa abbiamo provato. E’ terribile. E poi noi siamo stati fortunati ad avere degli zii che ci hanno portato in salvo e accolti come figli. I nostri genitori non hanno voluto abbandonare il loro paese e la mamma ha scelto di rimanere al fianco del marito e aiutare le persone rimaste. Sanno che i figli stanno bene e sono in buone mani".