Basket Fagioli, i ricordi di chi ha fatto la storia

Il presidente della Cesena 2005 è uno dei veterani della palla a spicchi a Cesena: "Mi spinge una passione che non finirà mai"

"Che fai nel weekend?". "Esco e vado a divertirmi". In una cinquantina d’anni saranno magari cambiati (non molto, in effetti) i luoghi, ma mai l’oggetto del divertimento.

E’ sabato sera, è primavera, fuori è buio e intorno è tutto uno sfregare di scarpette sul parquet. Dall’ultima fila della tribuna, all’altezza di metà campo, Francesco Fagioli studia la situazione. Gioca la Divisione Regionale 1, che sarebbe la ex serie D, ma qui non è questione di categorie. E’ questione di essere a casa. Classe 1952, Fagioli mastica la pallacanestro da quando era un ragazzino. E’ il presidente della Cesena Basket 2005, dopo essere stato una colonna portante fondatrice della Basket 82. Ha visto crescere un mare di bambinetti e di brufolosi adolescenti, ha visto vincere, ha visto perdere, ha visto divertirsi. E questo è tutto quello che conta.

"Ero in terza, a ragioneria – racconta, con un vocione che così a Cesena ce l’ha solo lui – e tra compagni di classe ci eravamo tutti appassionati alla pallacanestro. Era un entusiasmo vero, che ci legava profondamente. Eravamo amici e lo condividevamo anche fuori da scuola. Abbiamo continuato anche dopo il diploma, frequentandoci all’ombra dei canestri. C’è chi ha proseguito diventando giudice di gara, chi arbitro, chi allenatore, chi giocatore. Eravamo un’ottima squadra. Personalmente affiancai Piero Gallina all’Endas, ma in poco tempo mi trovai col testimone in mano: lui era molto preso dalla scuola e dalla politica, così toccò a me proseguire il percorso".

Com’era il basket allora?

"La passione cresceva in fretta. Riuscimmo a formare gruppi per ogni annata e a radicarci". Arrivò la Basket 82.

"Fu un passaggio quasi naturale, ormai il percorso era avviato, io mi divertivo da matti e continuai su quella strada".

Nel frattempo insegnava educazione fisica a scuola.

"Lo sport è sempre stata una parte molto importante della mia vita, per via dei valori che trasmette e del modo in cui aiuta a crescere, a prescindere dai risultati sul campo".

Lo sport. E poi?

"La fotografia, intanto. Ai tempi in cui quel mondo era radicalmente diverso da quello attuale delle immagini mordi e fuggi scattate col cellulare, io avevo creato una camera oscura a casa mia. Fotografavo di tutto, a partire dallo sport, ovviamente. Il basket, ma anche il nuoto. Ricordo il gruppo Endas a Pinarella. Che tempi…".

Che altro?

"L’archeologia. Io e mio babbo andavamo in giro per l’Italia alla ricerca di tracce nel nostro passato. Negli anni ho rinvenuto tantissimi reperti. Aggiungo la musica e qui tocco un tasto che mi emoziona".

Racconti.

"Allenò con noi per diversi anni Franco Pollini, che è purtroppo scomparso prematuramente pochi mesi fa. Era un ottimo tecnico, che ci aiutò a scoprire e a coltivare tanti talenti. Precorreva i tempi e avviò la tradizione, ormai radicatissima, di partecipare a tornei in giro per l’Italia e all’estero. Era anche un grande conoscitore di musica. Vantava una collezione di 40.000 lp, una cifra impressionate. Vorrei che quel patrimonio non andasse disperso e vorrei che potesse essere realizzato un museo dedicato a lui. Ci sto lavorando". Rieccoci al basket. Cosa ci fa ancora lì, il sabato sera, in tribuna?

"Mi diverto. Che altro? Siamo arrivati a giocare in serie B, con le giovanili abbiamo disputato le finali nazionali… Le soddisfazioni raccolte sono tante. E continuano anche ora. L’allenatore della prima squadra è Marco Vandelli, cresciuto qui e poi trasferitosi in altre realtà importanti della pallacanestro. Francesco ‘Charlie’ Foiera da qui è decollato per andare fino in serie A e in nazionale, per poi tornare e allenare alcuni dei nostri gruppi. Siamo orgogliosi di aver contribuito, ma la vera differenza la fanno i rapporti che sono rimasti sempre stretti, di stima reciproca".

E ora?

"Continuiamo a far e crescere i giovani, tanti, con tanto entusiasmo. I tempi sono cambiati, i modi di porsi, pure. E a maggior ragione credo che oggi lo sport possa fare la differenza nel percorso di maturazione di un ragazzo".

A Cesena avevano giocato i Tigers, arrivati a un passo dalla A2, ora scomparsi. In città manca una squadra di prima fascia.

"Come si può dire di no? Il punto è che non è facile, servono risorse e piani strutturali, serve un intero territorio che sposi un progetto. La riforma dello sport di certo non semplifica le cose. Bisogna essere realisti: il nostro obiettivo non è giocare coi campioni, è vedere i ragazzi diventare uomini, con la testa alta e le spalle larghe".