La regista Emma Dante in uno dei suoi spettacoli più recenti a cui abbiamo assistito al Teatro Bonci, ’Pupo di zucchero’, parla della notte del due novembre, durante la quale un anziano, preparando il tradizionale dolce siciliano, celebra e ricorda i comportamenti della sua famiglia defunta. A un certo punto dello spettacolo si nota che il protagonista viene tirato dai suoi familiari attraverso un lungo rosario, questo è il gesto che indica il volere del protagonista di non lasciare scappare i suoi ricordi. Il ricordo, pur avendo molte interpretazioni generali, è qualcosa che arriva dal passato, non si può né vedere né toccare ed è qualcosa di talmente grande che neanche la morte può distruggere. Belli o brutti che siano, i ricordi ci segnano per tutta la vita. Nello spettacolo il ricordo è scaturito dalla morte; essa è l’unica cosa di cui non sappiamo nulla e l’unica che accomuna tutti noi, infatti non si può scappare da essa. Ma in realtà quello che emerge dallo spettacolo, ci ha mostrato che la morte non è sinonimo di fine e il ricordo è il gesto per dimostrare che nulla è mai perduto per sempre.
CronacaBelli o brutti i ricordi ci segnano per tutta la vita Ma la morte non è il sinonimo della fine