In Romagna, le imprese agricole e gli allevamenti ‘bio’ sono in calo: la flessione rispecchia quella già rilevata a livello regionale per l’anno 2024. Nella provincia di Forlì-Cesena, tuttavia, le superfici destinate alle coltivazioni biologiche risultano in aumento, seppur lieve; numeri positivi si riscontrano, inoltre, sia per l’incidenza delle imprese ‘bio’ sul totale delle imprese agricole, sia della relativa superficie agricola utilizzata (in gergo tecnico, Sau) su quella complessiva. Entrambi i dati sono, infatti, superiori ai medesimi dati regionali. È quanto emerge dall’analisi elaborata dall’Osservatorio economico e sociale della Camera di commercio della Romagna (che comprende le province di Forlì-Cesena e Rimini) su dati forniti dall’assessorato all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna. Alla fine del 2024, nel territorio Romagna (Forlì-Cesena e Rimini) erano presenti 1.180 aziende agricole biologiche, pari al 20,5% del totale regionale, con una diminuzione annua dell’1,2% (-1,2% anche in Emilia-Romagna). Le imprese agricole con almeno un allevamento biologico sono 234, con una flessione annua (-8,9%), mentre risultano 388 allevamenti biologici complessivi. Guardando nel dettaglio alla provincia di Forlì-Cesena, al 31 dicembre 2024 si contavano 837 aziende agricole biologiche, pari al 14,5% del totale regionale (la provincia è in seconda posizione dopo Parma), con una diminuzione annua dello 0,9% (-1,2% in Emilia-Romagna). L’incidenza delle imprese "bio" sul totale delle imprese agricole è del 14,8%, superiore all’incidenza registrata complessivamente in Emilia-Romagna (12,1%). La superficie agricola biologica ammonta a 28.042 ettari (14,5% del totale regionale), in lieve aumento rispetto al 2023 (+0,4%), diversamente dalla sostanziale stabilità dell’Emilia-Romagna (+0,1%); la relativa incidenza sulla superficie complessiva risulta pari al 33,2% (primo posto tra le province emiliano-romagnole), nettamente superiore a quella regionale (18,6%). Nel 2024, il 61% della superficie agricola biologica, in provincia, è stato destinato ai seminativi, il 28,3% alle foraggere e il restante 10,7% alle colture arboree, con prevalenza, in queste ultime, della coltivazione della vite (5,1%).
Maddalena De Franchis