
Gli studenti della scuola media della Resistenza hanno fatto un viaggio virtuale alla scoperta dell’industria tessile. Hanno esaminato il ‘poliestere’, un materiale che è nato in Inghilterra nel 1941 ed è stato commercializzato nel 1948.
Ti sei mai chiesto che materiali indossi in questo momento? Hai mai controllato le etichette dei tuoi vestiti? Conosci i rischi che potresti correre non sapendo cosa hai addosso? No? Beh ve lo diciamo noi! La maggior parte dei nostri abiti è fatta con il poliestere. Questo materiale nasce nel 1941 in Inghilterra e viene commercializzato nel 1948, con il marchio Terylene. Il poliestere è un polimero che deriva da materiali di riciclo e scarico, oppure si può ricavare dalla fermentazione dei batteri.
Il poliestere viene inventato da John Rex Whinfield e James Tennant Dickson. Il poliestere è molto utilizzato nell’industria tessile per la sua durevolezza e resistenza alle pieghe, inoltre fa da isolante termico e ripara dal freddo. Essendo una fibra sintetica però, questo tessuto è prodotto con risorse non rinnovabili, e rilascia sostanze inquinanti nell’ambiente. Tra gli svantaggi possiamo trovare la formazione di palline in seguito ai lavaggi, il fatto che attiri molta polvere e che possa facilmente emanare cattivi odori, trattiene inoltre molta umidità e per questo potrebbe provocare irritazioni alla pelle, se molto sensibile. Altri tessuti sintetici che possono irritare sono il nylon, la filanca e la lycra.
Diversi i danni all’ambiente. Ogni volta che si lava un capo contenente poliestere, vengono rilasciate delle microplastiche, che successivamente finiscono nei nostri oceani. Le ricerche stimano che un solo carico in lavatrice può rilasciare tra le settecentomila e i dodici milioni di microfibre, e che i tessuti sintetici, come il poliestere appunto, sono responsabili del 35% delle microplastiche nei mari, e che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale delle acque pulite. anno circa otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici raggiungono il mare. Si stima che oltre centomila animali muoiano a causa di essa. Nel Mar Mediterraneo sono state ritrovate particelle plastiche all’interno di circa 116 specie ittiche. Tra queste si possono trovare anche sardine, triglie, merluzzi, acciughe, orate, tonni, scampi e gamberi rossi, tutte specie di interesse commerciale e che spesso mettiamo sulle nostre tavole. Dunque oltre all’ambiente è a rischio anche la salute di coloro che mangiano questi pesci.
Le microplastiche sono tossiche. Uno degli aspetti più pericolosi delle microplastiche è la capacità di assorbire contaminanti come metalli pesanti, pesticidi e molte altre sostanze nocive, per poi rilasciarli negli organismi che le ingeriscono. Per limitare l’uso di queste microplastiche si potrebbe iniziare ad evitare di acquistare capi d’abbigliamento contenenti questi materiali, oppure (se comprare abiti privi di microplastiche non è possibile perché più costoso) si possono fare dei lavaggi con lavatrice a pieno carico di abiti con poliestere. Infatti, oltre a risparmiare acqua ed energia elettrica, molti studi affermano che riduca anche il rilascio di una quantità di microplastiche nell’ambiente, perché crea meno frizione tra i vari indumenti, e riduce il rapporto acqua-tessuto. Inoltre è possibile utilizzare apposite borse per il bucato che filtrano le microplastiche durante il lavaggio in lavatrice così che queste non vengano disperse nell’ambiente. Un’altra opzione possibile è quella di comprare abiti di seconda mano: oggi sono numerose le applicazioni per vendere e comprare abiti usati, così da ridurre gli sprechi.
Alice D’altri, Giulia Gentili, Ikram Zainab, Lorena Uhunmwenma classe 3ª G Scuola secondaria di I grado Viale della Resistenza