ELIDE GIORDANI
Cronaca

Il nodo dei salari e della crescita: "Ceto medio basso impoverito. Serve una diversa politica fiscale"

Il cesenate Filippo Pieri riconfermato segretario generale della Cisl Emilia-Romagna: "Anche a livello locale si può agire in campo contrattuale e con scelte fiscali più attente".

Filippo Pieri, cesenate, 58 anni, due figli, da 35 anni impegnato nel lavoro sindacale alla Cisl

Filippo Pieri, cesenate, 58 anni, due figli, da 35 anni impegnato nel lavoro sindacale alla Cisl

Sono diversi e tutti pregnanti i temi su cui, anche nella provincia di Forlì-Cesena, si dovrà confrontare Filippo Pieri, cesenate, riconfermato alla segreteria regionale della Cisl che, in Romagna - dati del 2004 - ha superato gli 86 mila iscritti.

Filippo Pieri, partiamo dall’economia locale. Non va male, si dice, ma non si può ignorare che un contribuente su tre denuncia un reddito sotto ai 15 mila euro. "E’ una situazione generalizzata. Ma non pensiamo a condizioni estreme, anche se i salari sono cresciuti meno dell’inflazione. C’è un ceto medio basso che fatica ad accedere a livelli adeguati di sussistenza, ma c’è anche una fascia alta".

C’è, a Forlì-Cesena, chi sta diventando più povero? "Il rischio è concreto, e innesca il tema della ridistribuzione delle risorse. Ma c’è poca crescita, l’Italia negli ultimi 20 anni è cresciuta pochissimo. E’ andata meglio in Emilia-Romagna e Forlì-Cesena ha avuto i risultati migliori, pur partendo da un livello più basso rispetto ad altre provincie. Va migliorata la distribuzione della ricchezza cominciando da una diversa politica fiscale, anche a livello locale".

Come si mette in gioca il sindacato? "Attraverso i contratti di lavoro ma anche per la tutela delle pensioni. Sulla contrattualistica ci sono possibilità di creare opportunità anche a livello territoriale, con contratti aziendali e di comparto. Come quello agricolo ed edile, ad esempio. Ma serve anche una sorta di educazione all’utilizzo delle risorse, oggi condizionato dagli stili di vita e da certi modelli di consumo. Ma non è solo una colpa delle persone, bensì di un particolare tipo di società".

Nella nostra provincia nel 2024 sono stati registrati 7 mila infortuni. La sicurezza sul lavoro è un’emergenza anche qui? "C’è stata una parziale riduzione degli infortuni, ma non sono diminuiti quelli mortali. Sono cresciuti quelli in itinere a causa del fatto che si è costretti a spostarsi di più".

Perché i lavoratori continuano a morire? "C’è una scarsa cultura della sicurezza in generale. E poi ci sono aziende che vedono il tema come un ostacolo al profitto. Servono più controlli e una selezione delle imprese virtuose da segnalare e sostenere".

La Cisl è intervenuta più volte nei confronti delle aggressioni ai lavoratori della sanità, trasporti pubblici e scuola. Ma il fenomeno non sembra in remissione. "Stiamo avanzando proposte, come presidi di polizia nei pronto soccorsi, telecamere per i controllori delle ferrovie, controlli su tutti i mezzi di trasporto pubblico. Ma è anche un problema di educazione. C’è una diffusa mentalità che pone i dipendenti pubblici non a disposizione della collettività ma della singola persona".

Che fare per la carenza di abitazioni a costi accessibili? "E’ un problema enorme che mette a rischio, oltreché le famiglie, anche la competitività del territorio. Chi può essere attratto dalle attività della provincia poi finisce per non trovare casa, e non viene. Occorrono investimenti pubblici, ma anche l’intervento diretto delle imprese in collaborazione con l’ente pubblico e il sindacato. Inoltre è necessario limitare gli affitti brevi".

Cosa s’intravvede a proposito della crisi del calzaturiero? "Si sperava nella ripresa ma tra dazi e crisi internazionali la controtendenza non c’è. Sono a rischio sia le aziende che le professionalità che qui si sono formate che, una volta disperse, non sarà facile ricostituire".