
"La strada è un ologramma che cambia ogni giorno, uniformandosi ai volti di chi la abita". Fabiola Tinessa, psicologa e psicoterapeuta coordinatrice del progetto ‘Via delle Stelle’ quei volti li conosce uno per uno. Perché a ognuno di loro corrispondono un nome e soprattutto una vita. Vite vissute sull’ultima frontiera della sopravvivenza, dove – quasi – nessuno riesce a spingersi allungando le mani che offrono aiuto. "In questo momento – racconta - siamo operative io e un’altra operatrice, mentre la quindicina di volontari che seguono il nostro progetto è forzatamente impossibilitata a intervenire a causa delle restrizioni dettate dal covid".
Tinessa, come si svolge la vostra attività?
"Effettuiamo due uscite alla settimana utilizzando un furgone dell’Opera Don Dino, l’associazione per conto della quale operiamo e con quello ci spostiamo nei luoghi della città frequentati da chi vive in strada o per rispondere alle segnalazioni che ci arrivano".
Come si crea un rapporto di fiducia con chi è ‘invisibile’?
"Queste persone hanno una rete loro, nella quale condividono informazioni. Quella rete è in grado di farci da ‘raccomandazione’, perché abbiamo saputo conquistarci la fiducia di chi già ci conosce".
In che modo?
"Portiamo, cibo, coperte, borracce, prodotti per l’igiene personale. E’ il minimo indispensabile, ma il nostro scopo non è quello di risolvere situazioni drammatiche per le quali non siamo attrezzati. Noi interveniamo per stabilire un primo contatto con chi è sempre stato irraggiungibile e per far loro capire che non sono soli. Capita che più che consegnare cibo, ci fermiamo a chiacchierare. Dove ‘chiacchierare’ ha una concezione molto più ampia rispetto al parlare comune".
Natale si avvicina, ci sarà la zona rossa. E voi uscirete in strada a fare gli auguri a chi non ha nessuno a porgergli.
"Come sempre. Non è questione di Natale, anche perché in strada vive pure chi non è cattolico. È questione del fatto che nessuno dovrebbe sentirsi solo. Mai".
Quale sarebbe il loro regalo più bello?
"Una casa, un lavoro. Non possiamo offrirglieli, ma possiamo aiutarli a rimetterli in piedi, accompagnandoli in un percorso lungo e difficile, che però può concludersi con un lieto fine". Luca Ravaglia