
L’autoritratto di Serge. Gualini realizzato dall’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale come strumento di creatività, giostrandone le potenzialità con accortezza, e con la consapevolezza di ciò che si vuole ottenere, tenendo desta l’attenzione nei confronti della possibilità di esserne dominati. Ecco cosa c’è di inedito e seducente nella bella mostra di Serge Gualini in visione fino al 26 gennaio alla Galleria ex Pescheria. Dalle pareti occhi che seguono il visitatore con sguardi siderali, volti innegabilmente di scuola fiamminga avviluppati in scafandri dalle trasparenze di cristallo e la tessitura della plastica. "I pittori della scuola fiamminga costituiscono la mia ispirazione - dice infatti l’autore - . Sono belga mi sono formato all’Istituto Superiore delle Arti Visive La Cambre di Bruxelles, dove ho sperimentato diverse tecniche, dal disegno figurativo all’arte digitale". Poi un incidente in moto, l’impossibilità di usare la mano destra e il nuovo approdo grazie all’IA, tanto carica di aspettative quanto guardata con diffidenza.
Gualini, una nuova tecnica di pittura?
"In realtà non dipingo nel senso tradizionale del termine. Orchestro l’intelligenza artificiale, fornendo istruzioni e parametri per generare immagini che corrispondono alla mia visione artistica. Successivamente, intervengo sulla selezione, la post-produzione e l’assemblaggio finale delle opere".
Ma i soggetti dei suoi ritratti sono persone reali?
"No, tutto è frutto dell’intelligenza artificiale ma secondo dettagli che si rifanno alla pittura che ho avuto da sempre davanti agli occhi, come quella di van Eyck e Rembrandt. Non una riproduzione, comunque, ma un prodotto originale. Come il mio autoritratto: sono io ma non esattamente io".
Non ha timore che questo metodo posso fagocitare la sua creatività e creare opere che non hanno nulla di suo?
"Sì, il timore c’è, ma sono io che decido i comandi, che stabilisco gli input, che definisco come voglio quegli occhi, quegli incarnati, quelle espressioni. L’opera non si realizza fino a quando il computer non ha perfettamente capito quello che voglio realizzare".
Come reagisce il suo pubblico?
"Ho avuto timore che la gente non accettasse questo tipo di espressione. Tutt’altro. C’è grande curiosità, dibattito. Soprattutto sugli involucri che circondano i volti, realizzati, tra l’altro durante il covid, e che ritengo molto più vicini al mio pensiero".
Come è arrivato in Romagna? "Ho seguito, per conto della catena delle sale cinematografiche della società franco-belga UGC, l’apertura della loro prima multisala italiana, quella di Savignano sul Rubicone. Dopo dieci anni, quando la società è cambiata, ho deciso comunque di restare qui. Ho chiuso un percorso e ne ho aperto un altro. Ho una bottega d’arte in via Albizzi, 11 a Cesena".