Mosul, gli iracheni avanzano. Trevi: "Ci sentiamo più sicuri"

L’offensiva contro lo Stato Islamico lambisce il cantiere della diga

Un reparto dell’esercito nazionale iracheno in combattimento a Mosul (LaPresse)

Un reparto dell’esercito nazionale iracheno in combattimento a Mosul (LaPresse)

Cesena, 18 ottobre 2016 - Non è mai una buona notizia che s’inasprisca lo scontro in una delle zone più calde del pianeta. In questo caso parliamo di Mosul, seconda città dell’Iraq e avamposto cruciale nella lotta contro l’Isis, ma anche sito che ospita la più grande diga dell’Iraq, quella dove l’azienda cesenate Trevi, l’unica al mondo ad avere le tecnologie necessarie, è stata chiamata per il grande intervento di messa in sicurezza di una infrastruttura di importanza strategica per tutto il Paese mediorientale.

Eppure la notizia che sta facendo tenere il mondo con il fiato sospeso, ossia l’attacco da parte delle forze irachene per riprendere Mosul dalla presa del sedicente Stato Islamico, porta anche una notizia positiva. «Questa azione - dice Gianluigi Trevisani, contitolare della grande impresa che ha il suo quartiere generale a Pievesestina - sta allontanando il fronte del conflitto dal governatorato occidentale di Ninawa, dove si trova la diga, quindi rappresenta una diminuzione dei rischi che si sono concentrati in passato attorno a quella che gli americani hanno definitola diga più pericolosa del mondo». «In realtà - commenta ancora Trevisani, il cui ruolo all’interno dell’azienda è proprio quello di responsabile delle commesse all’estero (che sono la stragrande maggioranza) - i nostri tecnici, che si trovano a 50 chilometri dalla zona calda, sono superprotetti ed è finalmente arrivato il momento in cui le forze irachene e gli alleati lancino l’attacco per riprendersi Mosul. Precedentemente non lontano dalla diga operavano gruppi di miliziani dell’Isis che ora sono stati sospinti verso Mosul, con questa avanzata la linea calda si allontana ulteriormente».

«I nostri tecnici - dice ancora Gianluigi Trevisani - sono difesi dai soldati italiani, circa 500, e dai soldati americani. Il vero grande rammarico è che tante altra gente morirà in questo conflitto. Una guerra non può che portare morte, lo dice inascoltato Papa Francesco. Sarebbe bene che si prestasse orecchio alle sue parole». In loco sono meno di una mezza dozzina i cesenati impegnati nei lavori alla diga. Si tratta di dirigenti e progettisti, mentre le maestranze (oggi circa 450 solo per la parte gestita dalla Trevi) sono rappresentate da gente del posto. «In tutto gli espatriati, dipendenti della nostra azienda, sono una ventina, tra cui sudamericani ed europei, gente che sa fare il proprio mestiere. Ma per noi non fa alcuna differenza che siano cesenati o iracheni - aggiunge Trevisani - sono uomini che vanno difesi».

«Sono già sei mesi che lavoriamo a Mosul - spiega Trevisani -, stiamo realizzando il campo che, entro sei mesi, dovrà ospitare 1200 persone, tra lavoratori e militari. Stiamo risolvendo problematiche logistiche ed anche progettuali molto importanti. La direzione dei lavori è in mano agli americani». Secondo la tempistica il grande lavoro di messa in sicurezza della diga dovrà essere completato in 12 mesi. «E’ un tempo abbastanza condensato - commenta Gianluigi Trevisani - ma già ne abbiamo anticipato una parte e se non ci saranno imprevisti entro settembre del prossimo anno dovremmo concludere l’opera. Può darsi che a questo faccia seguito un intervento di manutenzione straordinaria della diga». Lo sbarramento sul fiume Tigri che ha dato origine alla diga è lungo 3,2 chilometri e alto 131 metri e per Trevi costituisce una commessa da 273 milioni di euro.