
La direttrice medica Marisa Bagnoli esclude al momento l’istallazione di una culla per la vita "L’informazione che deve arrivare alle donne è quella di non scegliere vie clandestine".
Sono oltre 200 all’anno, le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) medicalmente assistita presso l’Ospedale Bufalini (l’atto è consentito entro i 90 giorni di gestazione e regolato dalla legge 194 del 1978. Si conta invece sulle dita di una mano il numero di quelle madri che, portata a termine la gravidanza, scelgono di avvalersi del parto anonimo, una procedura legale che consente di dare alla luce un bambino in piena sicurezza sanitaria, senza essere identificata, e di avere una decina di giorni post partum per ritornare sui propri passi o decidere di non riconoscere il figlio, affidandolo così alla cura dei sanitari e alla via dell’adozione. In Italia sono circa 300 i neonati che ogni anno vengono "abbandonati" in ospedale. Il recentissimo caso verificatosi a Traversetolo di Parma, della studentessa 22enne, accusata di infanticidio, per avere partorito, soppresso e seppellito nel giardino di casa ben due figlioletti, ci spinge però a domandarci se una maggiore presenza nel Paese - ad oggi sono una sessantina - di culle per la vita, possa o avrebbe potuto scongiurare gesti estremi come quello riportato, o comunque se tali dispositivi possano evitare abbandoni in luoghi di fortuna e potenzialmente fatali alla sopravvivenza del piccolo: cassonetti, porte delle chiese, stradine nascoste. Ci sono associazioni nazionali come Ai.Bi che chiedono una culla salvavita in ogni Comune, dato il costo accessibile di circa 6mila euro. Non è da escludere che la proposta rientri nel novero delle libere osservazioni riguardanti il progetto del nuovo ospedale, che ogni cittadino, identificandosi, può far pervenire entro il 25 novembre al Comune di Cesena.
Alla direttrice medica del presidio ospedaliero dell’Azienda Usl di Cesena, dottoressa Marisa Bagnoli, abbiamo chiesto se il progetto del nuovo Bufalini, contempli già una "culla per la vita". "No. Non è prevista per lo stesso motivo per cui non è tuttora presente al Bufalini. Sarebbe una contraddizione rispetto al percorso strutturato che l’ospedale offre di partorire in anonimato. Se ne è parlato in tempi passati con referenti di ambiente cattolico, convenendo che sarebbe preferibile un luogo meno esposto, più defilato. Da parte nostra riteniamo che l’informazione che deve arrivare alle donne sia quella di non scegliere vie clandestine. Preciso però che il numero di interruzioni volontarie di gravidanza, contempla anche quelle terapeutiche, per malattie della mamma incompatibili con la gestazione o gravi malformazioni del feto".
Tuttavia, l’ospedale rappresenta un luogo di soccorso sanitario in ampia accezione. Un’alternativa potrebbe essere il Consultorio? "Direi ugualmente di no, per ragioni analoghe. Il Consultorio garantisce una rete assistenziale e il collegamento con l’Ostetricia-Ginecologia. Nel caso di specie, il Consultorio di Cesena si trova in piazza Anna Magnani, accanto ad un supermercato, quindi per gran parte della giornata piuttosto frequentato". Quali a suo avviso i luoghi potenzialmente più adatti? "Forse la stazione ferroviaria, o una chiesa. Si era proposto in passato un convento di suore, ma troppo lontano da Cesena. È necessaria una postazione che consenta l’intervento immediato del personale del 118. Ovvio che poi sarebbe interessata del primo contatto medico la Pediatria e la Terapia intensiva del nostro nosocomio".