
La direttrice del distretto sanitario Cesena-Vallesavio, Paola Ceccarelli, lancia l'allarme sulle aggressioni ai sanitari
Cesena, 23 settembre 2024 – Centocinquanta casi di aggressioni nell’ambito delle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali di Cesena e Forlì nel corso di un solo anno. E’ il dato (riferito al 2023) che fornisce la direttrice del Distretto Sanitario Cesena-Vallesavio Paola Ceccarelli dopo il grave episodio ai danni dello psichiatra Silvio San Martino, del Dipartimento di Salute Mentale e Servizio Dipendenze Patologiche, preso a pugni e calci da un paziente.
Lo stesso aggressore peraltro - arrestato sabato all’ospedale di Ravenna dopo altre intemperanze al pronto soccorso del S. Maria delle Croci - aveva minacciato di morte altri professionisti del Servizio e da mesi si presentava al SerD pretendendo un ricovero pur non accusando problematiche di tipo sanitario.
I 150 episodi registrati dall’Asl non evidenziano, fortunatamente, la stessa gravità, ma il problema dell’aggressione agli operatori sanitari non esclude il nostro territorio. “A livello aziendale - scandisce la dottoressa Ceccarelli - abbiamo un sistema di segnalazione attivato su precise indicazioni regionali. Il nostro obiettivo non è solo quello di gestire i casi, ma anche di prevenirli”.
La raccolta delle segnalazioni serve anche per identificare le aree a maggiore rischio. Quali sono? “L’area dell’emergenza urgenza, con particolare riferimento al pronto soccorso - elenca la dottoressa Ceccarelli - e quella della salute mentale, ossia il reparto di psichiatria”. Che è altro rispetto al Servizio per le dipendenze, SerD, collocato nelle cosiddette palazzine, teatro della recente aggressione. “A rischio di aggressioni - aggiunge Paola Ceccarelli - anche i servizi territoriali come il Centro di Salute Mentale e la Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza”.
C’è anche una classifica delle categorie professionali maggiormente prese di mira, gli infermieri in testa, nella loro funzione di primo contatto con l’utenza: “A seguire ci sono i medici - dice Ceccarelli - e gli operatori socio sanitari”.
Nell’80 per cento dei casi le aggressioni si fermano agli insulti e alle provocazioni verbali, “non meno dolorose per chi le subisce”. Poi ci sono quelle fisiche, in minoranza. Monitorati anche i casi di danneggiamento di attrezzature, mobili, accessori, “anche questi non indifferenti per chi vi assiste”.
“Già da diversi anni - evidenzia la direttrice del distretto - c’è la possibilità di attivare un supporto psicologico individuale o di gruppo per gli operatori coinvolti. Le reazioni post traumatiche innescate da questi episodi possono avere diversi livelli di intensità e durata. A disposizione degli operatori sanitari anche momenti di formazione per apprendere quelle tecniche che, nella maggior parte dei casi, disinnescano gli atteggiamenti aggressivi nei loro confronti. Anche gli ambienti vengono valutati come possibile innesco di aggressività da parte degli utenti”.
Ma l’Asl cerca anche una relazione costante e approfondita con le strutture sociali ed assistenziali sul territorio: dal Comune, alle forze di polizia, agli stessi cittadini. “Le forze dell’ordine - conclude la dottoressa Ceccarelli - vengono sempre informate e coinvolte, sia che si tratti di minacce verbali che di aggressioni fisiche ad operatori e strumentazioni. Gli operatori a loro volta denunciano personalmente gli aggressori”.