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"Crisi? Al tatuaggio non si rinuncia". Da 30 anni in viaggio sui corpi

Franco Disopo è uno dei primi tatuatori di Cesena di Elide Giordani

Franco Disopo al lavoro (foto Ravaglia)

Cesena, 13 luglio 2014 - Poltrone viola e tende di velluto nero… Franco Disopoma questa è un’agenzia di onoranze funebri o lo studio di un tatuatore? «Ma no, niente pompe funebri… è che ci piace l’horror». E la bara appoggiata alla parete? «Un regalo... è il mio monolocale per quando passerò a miglior vita». Intanto, però, la vita se la guadagna tatuando la gente… «Essì, lo faccio da 20 anni e oggi ne ho 50. Sono stato uno dei primi a Cesena. Ora c’è un’esplosione di tatuatori». Lei come ha cominciato? «La passione per il disegno… da bambino, a scuola, anziché ascoltare la lezione disegnavo. Poi intorno ai 20 anni mi è scoppiato questo interesse per il tatoo». E chi sono stati i coraggiosi che le hanno permesso di fare pratica? «Prima alcuni familiari e poi diversi colleghi che lavoravano con me quando scannavo i maiali al macello di San Zaccaria». Quindi ha aperto uno studio? «All’inizio no, avevo bisogno di fare pratica, poi ho lasciato il lavoro al macello, ho aperto a Cannuzzo, in seguito a Pisignano e infine qui, in via Cavalcavia». Stesse tecniche di oggi? «Per carità, tutta un’altra cosa. Ho iniziato con l’ago per cucire, con pratiche quasi cavernicole. Ora ci sono inchiostri controllati, apparecchiature affidabili». Quanto conta la manualità? «Molto, ma bisogna anche saper disegnare». Quanti tatuaggi realizza in un anno? «Circa duemila». Quanto costano? «Da cinquanta euro a circa 80 mila euro per un total body. Una fortuna. Per un braccio dalla spalla al polso, ad esempio, ci vogliono dalle 20 alle 25 ore di lavoro, con luci particolari che stancano gli occhi». Guadagna bene? «Guadagnerei se lo Stato me lo permettesse ma le tasse, gli obblighi sanitari, le regole...». E la crisi, non ha inciso? «No, la gente mette il tatuaggio nella categoria del divertimento e questa è una cosa a cui è difficile rinunciare. E poi oggi la moda del totoo è esplosa. Ce li hanno i calciatori, gli attori». Chi sono i suoi clienti? «Spesso sono persone che tornano per aggiungere tatuaggi a quelli che hanno già. Giovani per buona parte, ma capitano anche sessantenni. Uno, appassionato ciclista, si è fatto tatuare un’immagine di Fausto Coppi». Perché la gente ama farsi tatuare? «Per rendere il corpo più attraente, per distinguersi». C’è bisogno di scriverlo sul corpo? «In certi casi è un desiderio che nasce da dentro. L’unica cosa che sconsiglio è il nome del moroso o della morosa. Si sa le cose prima o poi finiscono e allora si cerca di cancellarlo, ma l’opera del laser non sempre ha un buon risultato perché schiarisce la pelle». Il tatuaggio fa male? «Un po’, soprattutto in certe zone del corpo, ma questo non ha mai spaventato nessuno. L’ago, del resto, non penetra nella cute oltre i due millimetri». Lei quanti tatuaggi ha? «Molti... Questo l’ho fatto a Cuba, questo in Brasile, quest’altro in Thailandia, questo è il piedino della mia figlia piccola e questo qui me l’ha fatto Fabrizio Corona che era venuto qua a farsi fare un tatuaggio ma poi si è arrabbiato perché ha avuto una disavventura a causa della patente e ci ha rinunciato. Allora gli ho chiesto di farmene uno lui a me». Corona è un tatuatore? «No, ha usato la mia attrezzatura e mi ha scritto 106 Corona’s qui sul braccio». E questo orologio spezzato a metà sull’avambraccio destro? «Rappresenta mia figlia, da una parte l’attesa, e infatti è un orologio antico, dall’altra la sua nascita, e infatti nell’altra metà c’è un orologio moderno». Quando smetterà di fare il tatuatore? «Quando mi tremerà la mano. Ma ho già pensato cosa farò». E sarebbe? «Farò sempre il tatuatore ma disegnerò solo la mia firma». E se non verrà più nessuno? «Verranno, verranno…»

Elide Giordani