RAFFAELLA CANDOLI
Cronaca

"Vi porto nelle 12 stanze della vita di Elsa Morante"

Sabato sera al teatro Bonci lo spettacolo di Michele Di Giacomo dedicato al percorso della grande scrittrice a 40 anni dalla scomparsa.

Sabato sera al teatro Bonci lo spettacolo di Michele Di Giacomo dedicato al percorso della grande scrittrice a 40 anni dalla scomparsa.

Sabato sera al teatro Bonci lo spettacolo di Michele Di Giacomo dedicato al percorso della grande scrittrice a 40 anni dalla scomparsa.

Quelle "Dodici stanze" che per Elsa Morante hanno rappresentato altrettanti alloggi in affitto di un non facile percorso di vita, ma che anche l’hanno accompagnata verso l’ affermazione professionale, diventano il luogo scenico nel quale il regista e attore cesenate Michele Di Giacomo, e Tamara Balducci, costruiscono un ritratto della donna e della scrittrice a 40 anni dalla sua scomparsa. L’appuntamento con "Le 12 stanze per Elsa Morante" è per sabato alle 20.30 al teatro Bonci. Il testo è di Tatjana Motta, il suono è curato da Federica Furlani, i video sono di Vladimir Bertozzi: la produzione di Alchemico tre.

Michele Di Giacomo, come nasce questo progetto dedicato a Elsa Morante? "Da una mia lettura de ‘Il mondo salvato dai ragazzini’ una sua opera poetico-teatrale pubblicata nel 1968. Contiene poesie, canzoni, testi teatrali e riflessioni in prosa. Alterna ironia, lirismo, rabbia e speranza. Morante lo dedicò ai bambini e ai poeti. Quel testo mi ha messo davanti alla constatazione di un mio approccio tardivo alle opere di Morante, opere che mi hanno fatto innamorare della sua scrittura così densa, carnale, grammaticalmente ricca, ma anche formale, se inquadrata nel periodo in cui la scrittrice è vissuta. Quella potenza evocativa mi ha aperto uno sguardo sul mondo, sul suo mondo".

Come si sviluppa lo spettacolo? "Lo spettacolo racconta il percorso intenso e appassionato che Elsa Morante intraprende, appena 19enne, quando decide di lasciare la famiglia per inseguire la vocazione di divenire ‘scrittore’. Ai suoi inizi vive in stanze in affitto in una Roma fascista e maschilista, affronta momenti di indigenza, non può permettersi di frequentare l’Università e, quindi, studia per conto proprio. Quel suo bruciare per l’arte e la caparbietà con cui affronta da donna, tante difficoltà, ce la fanno apparire un’eroina moderna".

In scena si attraversano dodici stanze. "Dodici momenti chiave della sua vita, in una corsa tra desideri, parole e fughe: Elsa scrive, sogna, ama. Incontra Alberto Moravia e vive con lui un rapporto conflittuale, vive gli anni della guerra, si confronta con sé stessa, tenta di scrivere un romanzo, e infine riesce a pubblicarlo. Il suo primo grande romanzo, ‘Menzogna e sortilegio’, destinato a diventare un capolavoro della letteratura italiana, che dà avvio a una stagione di successi culminata con L’isola di Arturo (che le vale il Premio Strega, prima donna a vincerlo) e La Storia, divenuto un caso letterario mondiale".

Chi sono i protagonisti che lei e Tamara Balducci interpretate? "Dapprima siamo Michele e Tamara, due attori che, partendo dallo studio di Morante di via dell’Oca 27, ripercorrono i luoghi della sua esistenza. I due si spostano, seguiti dall’obiettivo di una telecamera, tra gli indirizzi che l’hanno ospitata, per le vie di Roma. Attraversano dodici stanze tutte diverse ma al tempo stesso tutte uguali, in un peregrinare che li porta a perdersi, mescolando sogno e realtà, verità e inganno, come avviene nelle sue opere letterarie. E pian piano diventiamo Antonio ed Elsa".

Ma chi è Antonio? "Rispondo con un interrogativo: è un uomo in carne e ossa, presenza amica, ma anche incalzante, oppure è l’eco di un tormento interiore, l’incarnazione stessa dell’ossessione creativa? In Lettere ad Antonio, diario immaginario ambientato nel 1938, appare come un compagno intimo, un confidente, ma allo stesso tempo come una proiezione interiore, forse un alter ego della stessa Elsa Morante. È presenza concreta e allo stesso tempo metaforica: rappresenta l’impulso creativo, il tormento dell’ispirazione, il dialogo incessante tra sé e sé che alimenta la scrittura. Antonio potrebbe essere l’incarnazione di quel ‘doppio’ che abita l’artista, una voce interiore che stimola ma anche consuma, amica e nemica, sogno e incubo. In lui si riflette il confine sottile tra realtà vissuta e immaginazione letteraria".