
di Luca Ravaglia
Non serve girarci intorno: ancora non ci siamo. Non è questione della sconfitta di misura rimediata domenica scorsa sotto le luci del Carisport contro Senigallia, ma del modo in cui questa battuta d’arresto è arrivata. I Tigers infatti dopo una brutta partenza sono sempre stati costretti a inseguire un avversario che si è certamente meritato i due punti, ma che altrettanto certamente avrebbe potuto tornarsene a casa a mani vuote.
Ha sicuramente ragione coach Tassinari quando dice che la sua squadra può battere tutti, ma per farlo deve rispettare le regole d’ingaggio stabilite in palestra durante la settimana senza concedersi troppe e frequenti distrazioni. Perché per chi deve andare col turbo, mettendo aggressività anche nell’allacciarsi le scarpe, venti minuti abbondanti di velocità da crociera sono troppi per non causare serie conseguenze e di conseguenza anche una sconfitta.
Certo non ci si può aspettare un intero campionato sempre col piede a tavoletta, le giornate storte fanno indubbiamente parte del gioco e se è per questo è molto meglio che arrivino a novembre piuttosto che a maggio. Ma quello che sta mancando ora al gruppo è la continuità di un rendimento che per diventare davvero efficace deve sapersi ripetere in serie senza troppi sbalzi. Questi Tigers i mezzi ce li hanno eccome e quando li usano al meglio sanno davvero far paura: parlano i fatti, se contro Senigallia i primi venti minuti fossero stati come gli ultimi venti, si starebbe parlando di tutt’altro, di un’altra partita e di un altro risultato. Certo, questa squadra non è stata costruita per asfaltare qualunque avversario e nessuno entrando al palazzo si aspetta gare sempre a senso unico.
Però il pubblico che in barba alle varianti pandemiche sta cominciando a riprendere i suoi posti in gradinata e tribuna (domenica le presenze erano fortunatamente in aumento rispetto alle precedenti uscite) ha bisogno di trovare motivi per fidelizzarsi. E per quello deve parlare il campo. Detto questo, non è certo il caso e non è il tempo delle sentenze. Con la squadra in ritmo, le potenzialità del gruppo vengono sfruttate al meglio e l’orgoglio non manca: Cesena aveva chiuso i primi due quarti con meno del 30% al tiro dal campo, mentre a fine partita era arrivata a toccare il 40%, sinonimo di una forte inversione di tendenza che non è frutto del caso, ma di quello che realmente ha nelle mani questo promettente gruppo. Un gruppo che quando fa girare la palla con fluidità riesce (quasi) sempre a costruirsi buoni tiri ad alte percentuali e che allo stesso tempo pur non annoverando nel roster giganti particolarmente corazzati, anche sotto canestro sa farsi valere (vedi la lotta a rimbalzo vinta con in aggiunta la creazione di undici secondi tiri da sotto le plance).
L’anno scorso le partite iniziate male finivano peggio, quest’anno non è affatto detto. E questa non è una differenza da poco. Dunque qual è la ricetta? Il lavoro duro di una squadra che non ha tempo di guardare a quello che è stato, ma deve concentrarsi su quello che verrà. Mettendo in chiaro che non importa chi si incontra lungo la strada: il ruggito di una tigre, per definizione, deve far paura a tutti.