CronacaOmicron 4 e 5: sintomi, contagiosità e diffusione delle varianti covid

Omicron 4 e 5: sintomi, contagiosità e diffusione delle varianti covid

L'epidemiologo e dg dell'Ausl di Imola, Andrea Rossi parla delle due nuove combinaizoni: "Trasmissibilità altissima, ma i sintomi si fermano alle prime vie aeree. La vaccinazione? Arma ancora efficace"

Bologna, 24 maggio 2022 - Più trasmissibili e capaci di 'dribblare' la risposta immunitaria della guarigione da Covid e la vaccinazione. La strategia evolutiva di Omicron ha sfornato due nuove varianti: Ba4 e Ba5 (dette volgarmente 4 e 5). "Forme del virus che sono recentemente passate dalla classificazione 'di interesse' a di 'preoccupazione' - spiega Andrea Rossi, epidemiologo e direttore generale dell'Ausl di Imola -. La stessa cosa era accaduta con il ceppo originario del virus (responsabile di tantissime vittime, ndr) e con Omicron 1 e 2". 

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Omicron 4 e 5, trasmissibilità, sintomi e diffusione
Omicron 4 e 5, trasmissibilità, sintomi e diffusione

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Di certo una brutta patente, di quanto è cresciuta la trasmissibilità?

"Rispetto a Omicron 1 e 2 almeno del 10-15%, poi, Ba4 e Ba5 hanno la particolarità di essere maggiormente immunoevasive, ovvero colpiscono anche soggetti che sono stati vaccinati, in modo particolare chi lo ha fatto da più tempo, per questo è importante anche completare il ciclo dei richiami. Ma colpiscono anche chi è guarito da poco".

Perché hanno una contagiosità più alta?

"Pare che queste varianti entrino meglio nelle cellule del naso e della bocca, arrivando però meno in profondità nell'organismo, a vantaggio di una maggiore trasmissibilità. Omicron 4 e 5 pare inoltre che resistano maggiormente negli ambienti esterni e in particolare sulle superfici, dove se ne può trovare traccia anche dopo 48 ore (dati preliminari, ndr), mentre le precedenti versioni sparivano in meno di una giornata. In questo fortunatamente aiuta l'estate, che con i suoi raggi ultravioletti permette di 'disinfettare' più rapidamente le superfici. La contagiosità, infine, è così elevata che ora rende praticamente inutile il lavoro di tracciamento dei contatti".

Ci parli dei sintomi: quali sono e quanto sono preoccupanti?

"Come già anticipato, la sintomatologia colpisce in modo particolare le prime vie aeree. I sintomi sono: mal di gola, naso che cola, stanchezza ma anche dolori addominali, e molto meno frequentemente, la tosse. Sintomi che ci fanno preoccupare di meno per chi è in salute, ma che comunque mettono a rischio gli anziani".

Qual è la diffusione delle due varianti sul territorio nazionale?

"Per individuare le varianti si fanno test a campione sui tamponi positivi, che ovviamente ora non possono essere controllati tutti vista la grande quantità. Nell'ultima indagine dell'Istituto superiore di sanità del 3 maggio Omicron è risultata presente nel 100% dei casi italiani. In particolare, Omicron 1 è presente in circa il 3 per cento, Omicron 2 nel 93%, mentre per 4 e 5 restano pochissimi punti percentuali, insomma è ancora abbastanza contenuta".

Cosa ci dobbiamo aspettare?

"Abbiamo visto il caso del Sud Africa e poi del Portogallo, dove ora Omicron 4 e 5 sono oltre il 40%. Ciò che ci si aspetta è sempre la sostituzione delle precedenti varianti, come accaduto con omicron 2: arrivò in Danimarca e poi qui. Dal punto di vista epidemiologico potremmo non avere una fase calante sugli ospedali: per questo non dovremo mai abbassare la guardia. Ciò che mi auguro è che con questa malattia si arrivi a un livello di trasmissibilità e poche ricadute sull'organismo come per i quattro Coronavirus già esistenti".

Il vaccino è ancora efficace?

"E’ un'arma ancora molto utile. La spiegazione è semplice: le varianti sono emerse dove il livello di vaccinazione è più basso come per esempio l'Africa. Oltretutto possono proteggerci dagli ibridi delle varianti: Xe (mix fra Omicron 1 e 2), Xd (Delta e Omicron 1), che viene tenuta sotto osservazione perché l'indiana (Delta) si era rivelata molto pericolosa: combinava il peggio di entrambe, fra contagiosità e sintomi".