
Sarà proiettato domani all’Arena Lazzaretto. Il film è girato nel ’42: l’anno prima dei bombardamenti
C’era una volta Ancona, una città il cui cuore pulsante batteva nell’area che dal porto sale al duomo di San Ciriaco. Qui si rispecchiava il suo spirito identitario, la sua millenaria storia. Tre quartieri: il porto, appunto, con la popolosa, e popolare, via Sottomare, il Guasco e San Pietro. Tutti rasi praticamente al suolo dai bombardamenti degli alleati nel 1943.
Un’Ancona perduta per sempre? Sì, non fosse che esiste una testimonianza preziosa di quello che c’era ‘prima’. È ‘Ossessione’, film che molti considerano il precursore del Neorealismo italiano. Luchino Visconti venne a girarne diverse scene qui, fra l’estate e l’autunno del 1942, l’anno prima della devastazione. L’immagine simbolo di questo autentico capolavoro è quella, diventata iconica, di Massimo Girotti ed Elio Marcuzzo seduti sul muretto da cui si domina gran parte della città, il porto, il mare... Dietro, la cattedrale, risparmiata (ma non del tutto) dalle bombe.
Domani (ore 21.30) quell’immagine, con tutte le altre, comparirà sullo schermo dell’Arena Lazzaretto Cinema, nel canalone della Mole Vanvitelliana. Merito della proiezione speciale che per il capoluogo marchigiano rappresenta un vero evento. Non per niente è attesa come ospite Rosanna Vaudetti, popolare annunciatrice e conduttrice della Rai, anconetana doc. Insieme a lei ci sarà il professor Antonio Luccarini, ex assessore alla cultura, grande cinefilo e profondo conoscitore della storia di Ancona. Uno che di ‘Ossessione’ sa davvero tutto. L’iniziativa fa parte del progetto culturale del Comune ‘Ancona cultura aperta. Visioni viaggi e identità’, nata per ‘raccontare la città al mondo’.
Di certo ‘Ossessione’ dice molto, al proposito. Sono vari, infatti, i luoghi finiti nell’occhio della cinepresa viscontiana. A partire dal cavalcavia della stazione ferroviaria. Importante, perché è sul treno che Gino (Massimo Girotti) fa amicizia con ‘lo spagnolo’ (Elio Marcuzzo). La strada in salita che i due percorrono è in realtà via Cialdini, parte del quartiere di Capodimonte. Ma quel che conta è la meta: il piazzale del Duomo, da dove Gino scruta il paesaggio, sognando di imbarcarsi per iniziare una nuova vita. La sequenza mostra il campanile e un edificio che lo affiancava, oggi non più esistente.
Il film fa rivivere un’Ancona scomparsa, con i suoi rioni, le strette viuzze, le scalinate, le misere abitazioni. È lo sfondo popolare e provinciale (realistico, verrebbe da dire) che il grande regista cercava per raccontare un melodramma che rompeva gli schemi del cinema ‘di regime’. Un critico dell’epoca scrisse che "la forza di persuasione" del film "nasce dallo stile che è tutto misura ed eleganza pittorica". L’artista Visconti ha ‘dipinto’ la sua Ancona. E quel quadro è diventato anche il nostro, oggi e per sempre, grazie alla magia del cinema e alla sua capacità di farsi memoria collettiva.