Editoriale

Dalla Liberazione al civismo di Guazzaloca

Bologna, 26 aprile 2023 – Prove tecniche di riconciliazione. Il 25 aprile ci lascia in eredità una piazza per la prima volta (forse) unita, senza divisioni tra centrodestra e centrosinistra. Questo anche in un momento di bipolarismo fortissimo, anche in un momento in cui qualche polemica (vedi San Giovanni in Persiceto, dove un'assessora se n'è andata per le critiche dell'Anpi al Governo) c'è stata. Ma la piazza bolognese, con il viceministro Galeazzo Bignami e la ministra Anna Maria Bernini (entrambi applauditi) vicini all'ex premier Romano Prodi e al sindaco Matteo Lepore è l'esempio di un governo di centrodestra maturo e di una sinistra al comando a livello locale altrettanto matura.

La circostanza - e forse non è casuale - riporta alla mente che in queste ore (il 26 aprile) sarà anche il sesto anniversario della morte di Giorgio Guazzaloca, il sindaco che nel 1999 fece crollare il muro rosso di Bologna. Un simbolo di civismo e di indipendenza (anche se la sua amministrazione fu appoggiata dal centrodestra) riconosciuto anche da quelli che allora gli erano nemici.

Le tre fasi

Il suo nome sarà per sempre legato a tre fasi. Prima il Guazzaloca macellaio, che da ragazzino viene bocciato e allora si ritrova in bottega col padre, in via Andrea Costa. Solo che Giorgio ha qualcosa in più e presto inizierà a scalare tutti i gradini della vita associativa cittadina e nazionale. Prima i macellai, poi i commercianti, poi la Camera di commercio, e ancora i ruoli nelle istituzioni cittadine più importanti, banche comprese. Si arriva al 1999 e alla mitologia, per certi versi agiografia (di sicuro ora non ne sarebbe contento), del sindaco del ribaltone. Con lui, nella seconda fase, c’erano Forza Italia e Alleanza Nazionale, sì, ma soprattutto il civismo, il movimento dei ragazzi del ’99, La Tua Bologna, il ballottaggio, Silvia Bartolini affossata, il sogno del metrò e della Staveco, le Gocce, Sala Borsa, il dialogo con i centri sociali e il Cassero, il Giubileo, Bologna capitale europea della cultura, le polemiche sulla mancata accensione di Sirio. Con lui c’era questo e tanto altro, fu il tempo del «miracolo» come lo definì il cardinale Giacomo Biffi.

La svolta

Nel 2004 però arriva Sergio Cofferati e la sconfitta. La terza fase è quella segnata dall’allontanamento dalla politica, ma non dall’amore per Bologna. E minata dall’accanimento giudiziario dell’inchiesta Civis: Guazzaloca viene indagato, poi prosciolto totalmente in sede penale. Restava in piedi l’accusa della Corte dei Conti, una partita che non avrebbe potuto che chiudersi con un nulla di fatto. D’altronde ‘Guazza’ rinunciò anche alla prescrizione, certo com’era di non aver sbagliato. E la Procura ordinaria gli diede ragione. Tra una fase e l’altra, però, era arrivata la malattia, quella che pian piano se l’è portato via.

L’eredità

Guazzaloca aveva scoperto tutto il 13 agosto 1999, un mese e mezzo dopo l’elezione: mieloma multiplo. Quando ricevette la telefonata del medico che lo informava della diagnosi, era in auto a Monghidoro, doveva partecipare a un evento con Eraldo Pecci e Gianni Morandi. Non pensò nemmeno per un secondo di tornare indietro.

Oggi lo ricordiamo. Dal civismo alla piazza unita. Perché una politica migliore e costruttiva è sempre possibile.