Boom di offerte di lavoro in Emilia Romagna. "Ma serve studiare"

In Emilia Romagna disponibili 1200 posti al giorno, ma quattro candidati su dieci non sono formati. Le ricette di Bonaccini e Vittadini

Offerte lavoro in Emilia Romagna

Offerte lavoro in Emilia Romagna

Bologna, 5 novembre 2021 - Oltre 1.200 posti di lavoro al giorno vengono offerti in Emilia-Romagna. È quanto emerge dal rapporto sul lavoro sostenibile della Fondazione per la Sussidiarietà (basata su dati Excelsior) secondo cui nel quarto trimestre dell’anno corrente, per effetto della ripresa economica, sono 112.650 le posizioni da ricoprire, da Piacenza a Cattolica. Nel solo mese di ottobre le nuove entrate programmate dalle aziende erano 42.640, di cui 7.870 dirigenti e alte professionalità, 11.900 impiegati, 17.240 operai specializzati e 5.630 professioni non qualificate. La regione si conferma ad alta vitalità economica: a fine 2020 erano al lavoro il 68,4% delle persone fra 14 e 65 anni, ben 10 punti sopra la media nazionale del 58,4%. La ricerca di lavoro è letteralmente esplosa: le offerte sono concentrate sul web. Dal 2015 al marzo 2021 sono stati oltre 2 milioni 650mila le ricerche online. Ma il problema è che spesso le proposte non vengono soddisfatte: in Emilia-Romagna, nel 40% dei casi infatti le imprese non trovano candidati idonei. Tra le figure introvabili ci sono soprattutto ingegneri e informatici.

 

"La fatica delle aziende a trovare personale qualificato deriva da un grande errore italiano: aver anteposto l’assistenzialismo allo sviluppo del lavoro". L’analisi arriva dall’economista Giorgio Vittadini, professore di statistica alla Bicocca di Milano nonché presidente della Fondazione per la Sussidiarietà che ha presentato mercoledì sera al teatro Magnani di Fidenza, il rapporto sul lavoro sostenibile. Dal quale è emerso il preoccupante mismatch: la pioggia di offerte d’occupazione non trova risposte abbastanza qualità nelle domande d’assunzione. Tradotto: solo sei persone su dieci sono ritenute idonee. Poco più della metà. "Occorre cambiare lo slogan verso i nostri giovani: se avrai voglia di lavorare, devi studiare. Trent’anni fa chi non voleva stare sui libri a scuola, andava in fabbrica. Ma ora servono competenze, non ci si improvvisa", ha spiegato il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ospite della serata nella quale ha dialogato col professor Vittadini, incalzati dalle domande sulle grandi sfide del lavoro da parte di Michele Brambilla, direttore di Qn-Il Resto del Carlino.

Migration

"La ripresa economica sta spingendo la creazione di lavoro e l’Emilia Romagna è una delle aree più vivaci grazie alla storica vocazione produttiva e turistica – ha osservato l’illustre economista, il quale poi avverte – Il lavoro però si sta trasformando. Oggi è sempre più un percorso e sempre meno un posto. Tutte le professioni stanno cambiando a ritmi mai visti prima e molte figure specialistiche non si trovano. Nel 2030 si stima che un miliardo di persone nel mondo faranno mestieri che oggi non esistono neppure. Lo sviluppo va perciò sostenuto con politiche attive che favoriscano la mobilità e la formazione continua". Una sfida che il governatore Bonaccini accoglie: "Stiamo sviluppando un progetto per trattenere qui i migliori talenti, evitando che vadano all’estero o per farli rientrare. La prima ricetta è pagarli di più. Le prove Invalsi dimostrano che i migliori nell’apprendimento sono i bambini degli asili. Sono il nostro futuro. È qui che dobbiamo investire. Ora. Dalle materne all’università, ma soprattutto sugli istituti tecnici, favorendo l’alternanza scuola-lavoro".

E ancora: "La natalità è il pilastro sul quale costruire il futuro del nostro Paese", un assunto che svela come la sinistra sia cambiata e in transizione politica anch’essa al pari di quella digitale ed ecologica. Un aspetto sottolineato anche dal direttore Brambilla il quale ha concluso con un auspicio: "Nel 2019 eravamo un Paese sfiduciato. Seduto. Questa pandemia imprevista ci ha insegnato che abbiamo bisogno gli uni degli altri, da individui solitari non andiamo da nessuna parte. Ecco perché da qui si può ripartire, tutti uniti, per ricostruire l’Italia".