Allarme Saipem, si teme la ’cura dimagrante’

Arrivano notizie poco confortanti da Milano: un’eventuale riduzione dei costi potrebbe coinvolgere parte dei 750 dipendenti

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L’associazione dei lavoratori della Saipem di Fano si è chiusa in un rigoroso silenzio stampa. Ha deciso di non rilasciare interviste ai giornali, perché teme un contraccolpo psicologico tra i lavoratori. Perché le notizie che vengono da Milano (sia dalla Borsa che dalla sede di San Donato Milanese) sono tutt’altro che confortanti. Anche ieri, infatti, è stata una giornata pesante per il titolo che ha perso un altro 5%. Ma il tasto dolente per i dipendenti fanesi di Saipem, sono le perdite del 2021, che secondo le prime stime arrivate all’orecchio, potrebbero arrivare al doppio della sua attuale capitalizzazione di mercato. Il gruppo di servizi ingegneristici che ha una sede anche a Fano (depotenziata dal punto di vista delle commesse, tant’è che c’è solo un progetto in opera al momento), dal profit warning (ovvero l’allarme sugli utili) del 31 gennaio, è precipitato ormai a 1 euro per azione e ha un valore totale di poco superiore al miliardo di euro.

Cosa significa tutto ciò? Che i soci di maggioranza (Eni e Cassa deposito Prestiti) in queste ore dovranno decidere se ricapitalizzare Saipem oppure farle fare una bella dieta dimagrante. Che è quello che tiene in apprensione i dipendenti fanesi. E così nella città della Fortuna sono una decina i lavoratori ‘âgée’ che, buste paga e anni di contribuzione alla mano, stanno facendo i conti per vedere se riescono ad andare in prepensionamento. Anche loro però stanno con il fiato sospeso, in attesa dei dati ufficiali 2021 che dovrebbero essere comunicati oggi, dopo l’esame di ieri in cda, insieme alle linee guida per la revisione del piano al 2025, sul quale sta lavorando il nuovo dg Alessandro Puliti, inviato dall’Eni (il maggiore azionista di Saipem con il 30,5%, mentre Cdp ha il 12,5%), investito di ampi poteri. Il Piano Puliti dovrebbe prevedere una riduzione di costi. E i fanesi temono di essere loro uno dei rami ormai secchi da tagliare, perché se fino a quando si chiamava ancora Snamprogetti, la sede di Fano del colosso mondiale nella progettazione di impianti per idrocarburi, aveva una sua indipendenza (con un suo direttore e un suo budget) riuscendo a contribuire con una percentuale significativa ai buoni rendimenti dell’azienda con sede a San Donato Milanese…. ora è tutto in mano alla Holding e a Fano non si produce più nulla. Come giustificare, quindi, la presenza di 750 dipendenti in uno stabilimento di progettazione se qui di progetti in ballo ce ne sono appena un paio?

Tiziana Petrelli