Coronavirus, Roberto Mea morto. Stroncato in meno di 10 giorni

L’elettricista fanese, che risiedeva a Pesaro, aveva 58 anni. L’ultima telefonata venerdì, poi è stato sopraffatto

Roberto Mea in un momento di serenità dopo una gara di tiro al piattello

Roberto Mea in un momento di serenità dopo una gara di tiro al piattello

Fano (Pesaro e Urbino), 1 aprile 2020 - L’ultima telefonata l’ha fatta alla famiglia dall’ospedale, venerdì, prima di essere intubato. Poi, dopo due giorni in Terapia intensiva, il virus l’ha sopraffatto e ucciso. Roberto Mea, elettricista di 58 anni, fanese ma residente da molto tempo a Pesaro, lascia la moglie e due figlie. Lo piangono anche centinaia di amici del Tiro al volo di Fano, dove era socio da molti anni e prestava la sua opera nella manutenzione degli impianti.

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La malattia l’ha stroncato in meno di dieci giorni. Prima la febbre e un po’ di tosse, che davano l’impressione di un banale raffreddore, ma dopo qualche giorno l’uomo respirava a fatica. Così, il 21 marzo, è stato ricoverato al San Salvatore di Pesaro, anche a causa di altre complicazioni che hanno aggravato il quadro clinico. Infine, lunedì, le sue condizioni si sono aggravate ed è deceduto.

"L’ho visto l’ultima volta l’11 marzo – ricorda Marcello Palazzi, presidente del Tiro al volo fanese – quando è venuto a casa a portarmi la posta arrivata al poligono. Indossava la mascherina, non avrei mai pensato che si contagiasse. Mi aveva detto che, dopo la chiusura della struttura, si era preoccupato di mettere in sicurezza le macchine che lanciano i piattelli, delle quali curava la manutenzione da tempo". La scomparsa di Roberto Mea, stimato e apprezzato nel suo lavoro di elettricista, ha suscitato profonda amarezza tra i tanti soci del Tiro al volo, dove era considerato un ottimo tiratore. Aveva infatti vinto due titoli nazionali, grazie alla precisione dei suoi tiri e del suo inseparabile fucile Zoli. Un’arma che aveva scelto con cura all’armeria Antonioni.

"Era buono e generoso – aggiunge il presidente del sodalizio – e non si tirava mai indietro quando si dovevano sistemare i campi, né se c’era bisogno di effettuare una riparazione all’ultimo momento, prima di una gara importante". L’affetto che tutti nutrivano per Robi, come lo chiamavano gli amici, si legge nelle decine e decine di post, che continuano a susseguirsi sui social, e nelle numerose attestazioni di vicinanza che giungono alla famiglia.