di Benedetta Iacomucci
"Disabile? Allora non può entrare in piscina". Nicoletta G., 53 anni, fanese e molto nota in città, ancora stenta a credere a quanto le è capitato sabato scorso nella piscina di via Togliatti a Pesaro. "Sono del tutto autonoma – premette – e non ho bisogno di assistenza di alcun tipo. Sono perfettamente in grado di camminare e ho parlato della mia disabilità, legata a una malattia, solo per informarmi sulle tariffe. Non immaginavo che sarebbe stato un motivo di esclusione". Nicoletta ripercorre la vicenda dall’inizio. "Una mia amica – racconta – mi aveva detto che in quell’impianto c’era una vasca riscaldata e siccome l’estate scorsa ho subito un intervento ed ho delle contratture alla schiena ho pensato che sarebbe stato più consono alla mia condizione". Nicoletta indossa il costume e parte con il marito in direzione Pesaro, dove arriva alle 11.40. "C’erano due donne alla reception – racconta –: chiedo informazioni sulla vasca riscaldata, mi dicono che è profonda solo 30 centimetri. Allora chiedo di poter provare un’altra delle due vasche, quella olimpionica da 2 metri e quella da 1,30. E chiacchierando racconto di aver subito un intervento e di aver proprio voglia di fare una nuotata. Poi chiedo se ci sono tariffe particolari per persone disabili, mi dicono di no e mi preparo al mio bagno". Ma iniziano i problemi.
"L’altra signora che era alla reception – prosegue Nicoletta –, sentendo dell’intervento subito e della mia disabilità, comincia a fare delle telefonate al termine delle quali mi comunica che in quanto disabile non avrei potuto accedere ai locali. Senza spiegare perché, né facendo riferimento a eventuali regolamenti". Nicoletta specifica che in piscina era giunta sulle sue gambe, che l’intervento risale allo scorso agosto, che la disabilità è la conseguenza di un problema di salute che comunque non le impedisce di condurre una vita normale. Come a dire che se il problema fosse stato l’assenza di operatori per i percorsi di assistenza dedicati ai disabili, questo non era certo il suo caso. "Tutte cose, tra l’altro, molto personali – dice –, che non avrei voluto né tantomeno dovuto giustificare con la signora. Che tra l’altro non è un medico e non può venirmi a dire cosa posso o non posso fare. Comunque alla fine me ne sono andata piangendo, e se ho deciso di raccontare questa cosa è solo perché non voglio che accada ad altri".
Nicoletta non è una che sa stare con le mani in mano. Abituata ad affrontare a testa alta le piccole e grandi prove della vita, anche in questo frangente non si è persa d’animo. "Il costume ce l’avevo – dice – l’idea in testa era quella. Con mio marito siamo andati alla Spa dell’Excelsior, nessuno ci ha chiesto niente e siamo stati benissimo". La ferita, però, ancora brucia. Si aspetta delle scuse e delle spiegazioni, perché altri non patiscano quella che ha vissuto come un’umiliazione. "Non ho idea di cosa sia successo – replica Fabrizio Bittner, presidente della Federazione italiana pentathlon moderno che gestisce la struttura –. Mi riservo di verificare prima di dare spiegazioni".