Fano, "ho fatto un museo per capire il fascismo ma sono osteggiato"

Giovanni Manoni: "Argomento tabù"

DOCUMENTI Ecco una parte del materiale collezionato da Giovanni Manoni: a sinistra una lettera originale del Duce; quindi divise militari, drappi e oggetti vari di origine fascista

DOCUMENTI Ecco una parte del materiale collezionato da Giovanni Manoni: a sinistra una lettera originale del Duce; quindi divise militari, drappi e oggetti vari di origine fascista

Fano, 11 marzo 2017 - «Ho aperto questo museo da diversi anni, realizzando un sogno che coltivavo sin da ragazzo, e vorrei che fosse a dispoosizione di Fano e del suo teerritorio, ma spero che la prossima Amministrazione comunale mi aiuti a valorizzarlo». È quanto afferma Giovanni Manoni, barbiere di Tavernelle di Serrungarina molto conosciuto anche a Fano, e appassionato collezionista di oggetti e documenti del Ventennio fascista. Il rammarico di Manoni è di non aver ottenuto l’attenzione richiesta dalle istituzioni locali, che spesso avrebbero mostrato indifferenza e, in alcuni casi, velato ostruzionismo. «Non mi hanno mai affrontato di petto – precisa Manoni – ma hanno creato le condizioni affinché il mio progetto rimanesse isolato».

Il giorno dell’inaugurazione funzionari del Comune guidato dal sindaco del Pd Marta Falcioni, avrebbero contestato a Manoni di non avere richiesto per tempo i permessi per aprire il museo, ignorando che si trattava di un museo privato e quindi non soggetto alle autorizzazioni comunali. «Si deve avere il coraggio di superare gli steccati ideologici perché il mio museo non intende fare propaganda politica, ma promuovere l’approfondimento storico con una collezione unica in Italia. Le mostre e gli eventi che ho organizzato non sempre sono stati accolti per ciò che intendevano essere, ma spesso hanno alimentato rancori e contrapposizioni, dettate a mio avviso dal fatto che non sono mai stato un tesserato del Pd. Mi sono state addirittura contestate le scritte degli slogan del Ventennio, che si intravedono dalle finestre del museo che si affacciano su una stradina secondaria».

Come pensa che si potrebbe valorizzare il suo museo? «Potrebbe essere inserito in un percorso con gli altri musei presenti nel circondario, nell’ambito di un ampio progetto di promozione del territorio, che offra l’opportunità di visite guidate e percorsi didattici alle scuole. Ma è necessaria la disponibilità da parte della nuova Amministrazione comunale. E nutro la speranza che sia meno ostile della precedente. Fatta eccezione per il sindaco Fabio Sciriscioli, che è stato l’unico sindaco ad essere disponibile nei miei confronti».

In un ampio locale di sua proprietà, nei pressi della via Flaminia, a Tavernelle di Serrungarina, Manoni ha organizzato oggetti collezionati, creando un vero e proprio percorso museale, che si snoda attraverso le varie fasi del Ventennio fascista ed oltre, a partire dal 1922 fino al 1945. Fanno parte della collezione oggetti di uso quotidiano, divise, indumenti, materiale scolastico, documenti, fotografie, giornali, libri, giocattoli. Tutto rigorosamente originale. Ci sono persino alcune lettere che i bambini inviavano alle famiglie dalle colonie estive. Sono esposte tutte le divise dei giovani: dai Figli della Lupa ai Balilla e Piccole Italiane, fino agli Avanguardisti. Centinaia di piccoli e grandi oggetti raccontano la vita quotidiana. Il pezzo forte della collezione è una rarissima e originale lettera scritta e firmata da Benito Mussolini, datata 3 novembre 1928, e indirizzata alla Confederazione degli agricoltori. E non poteva mancare un asciugacapelli elettrico, strumento di lavoro quotidiano per Manoni, ma realizzato nel Ventennio con i solidi e duraturi materiali dell’epoca.