Adao, inaugurazione del nuovo anno

Con il maestro Loris Salvalaggio in continuazione del Dojo di Venezia, che l’ha fondato nel 1993 a Piane di Montegiorgio

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Il paese di Montegiorgio custodisce una delle tradizioni giapponesi più conosciute e apprezzate in Italia. Il maestro 7° Dan Loris Salvalaggio in continuazione del Dojo di Venezia, ha fondato nel 1993 a Piane di Montegiorgio l’Adao (Accademia di Arti Orientali). Questa scuola è fra le rare realtà che possono fregiarsi del patrocinio dell’Ambasciata del Giappone in Italia ed è annoverata fra gli Istituti più prestigiosi a livello internazionale. Nonostante le difficoltà degli ultimi due anni e quelle che si stanno affacciando in questi mesi, lunedì 3 ottobre inaugurerà il nuovo anno accademico, che sarà portatore di nuove affascinanti esperienze per i suoi allievi e per gli istruttori che si preparano ad essere i maestri di domani. "L’arte marziale non può e non deve essere uno sport – commenta Loris Salvalaggio –. Chi è desideroso di gareggiare, ha una evidente sotto stima di se stesso e un gran bisogno di sentirsi approvato. Forse a non tutti è chiaro che arte marziale vuol dire abilità nell’uccidere il nemico e non può considerarsi una alternativa al tennis, calcio o altro. Qual è il fine di uno sport e quello dell’arte marziale? Soltanto uno sprovveduto può non capire la differenza. Forse si vuole intendere un combattimento fatto in condizioni perfette, senza la paura di essere eliminato fisicamente. Governare la mente è un’abilità enormemente più difficile dell’abilità tecnica e pretende la dedizione di una vita. Nella mia carriera ho avuto l’onore di conoscere tanti Maestri che hanno espresso i loro dubbi a proposito dell’inserimento delle arti marziali nei giochi Olimpici e ancor più nel definire la filosofia marziale come sport".

Su questi valori si basa lo spirito dell’Adao. "I requisiti per l’arte marziale sono la stabilità mentale e valori umani ben definiti – conclude Salvalaggio - la chiara consapevolezza di se stessi e capacità di programmare il fine della propria vita. Se questo è il punto di partenza, ci si avvia verso il controllo della propria emotività, dei desideri e istinti, compresa la coesistenza con l’effimero confine tra vita e morte e la capacità di vedere oltre la vita stessa. Se vogliamo dire che tutto questo è Zen, ebbene lo è! Non meravigliamoci se la cronaca ci presenta casi di violenza creata da falsi cultori di arte marziale. Non ci sarebbero cattivi allievi se non ci fossero dei cattivi maestri e non penso che si voglia ritornare al tempo dei ‘Giochi’ offerti dai gladiatori 2000 anni fa".

Alessio Carassai