"C’è anche chi pensa al suicidio Urge una rete sociale e sanitaria"

Si stima che siano aumentati di circa il 40 per cento i problemi a carico degli adolescenti, al tempo del Covid. Colpa dell’isolamento, della paura della malattia, del distacco dalle persone care e soprattutto dei coetanei. Un’emergenza vera che si sta esprimendo in mille modi. La psicologa Cristina Marinelli ribadisce che era solo questione di tempo, era già evidente che questo problema sarebbe esploso: "Li abbiamo chiusi in casa pensando che non fosse niente, abbiamo cancellato la loro vita, le loro esperienze e oggi sono tutti pronti a mostrarci le loro ferite. Ci sono ragazzi che si fanno del male, che si feriscono, che cominciano a pensare in maniera concreta alla fine. Nei giorni scorsi c’è stato l’episodio al Torrette di Ancona, dove un quindicenne si è seduto sul cornicione dell’ospedale ed è sceso solo dopo l’intervento di un eccellente neuropsichiatra. Sono segnali preoccupanti, siamo già in emergenza. Quando un adolescente arriva a pensare di mettere in atto l’idea del suicidio, sta sperimentando un dolore mentale insopportabile e non riesce a trovare altre valide alternative alla morte. Emerge qui il pensiero dicotomico: o il dolore si risolve immediatamente e completamente oppure l’unica scelta possibile e il suicidio. Per cui ora trovare e puntare il dito sulle cause non serve, servono adulti rassicuranti, a cui potersi affidare, serviamo noi come adulti con la A maiuscola".

Dunque, basta con la ricerca delle responsabilità, è il tempo di agire, serve una rete sul territorio che sia sociale e sanitaria, secondo la dottoressa Marinelli: "Armiamoci di coraggio - conclude - perché i ragazzi ora più che mai hanno bisogno di noi, possiamo essere adulti veri ed autentici non rinunciando al ruolo predominante di unico ed insostituibile punto di riferimento. Il tempo è già adesso, non possiamo perdere questa occasione per non lasciare ferita questa generazione".