Dottoressa aggredita dal ferito: “Ho fatto soltanto il mio lavoro, non c’è più rispetto”

Fermo: Giuliana Brunetti, picchiata dal motociclista che aveva avuto un incidente, ha riportato una frattura dell’orbita oculare ed ecchimosi al volto. Poche ore dopo era già al lavoro

Giuliana Brunetti, dottoressa del 118 aggredita da un ferito a Fermo

Giuliana Brunetti, dottoressa del 118 aggredita da un ferito a Fermo

"Ringrazio chiunque mi abbia espresso vicinanza per l’aggressione subita, ma ho solo fatto il mio lavoro conoscendone i rischi". Sono le parole della dottoressa del 118 di Fermo, Giuliana Brunetti, aggredita dal motociclista ferito nell’incidente giovedì sera. Nell’aggressione ha riportato una frattura dell’orbita oculare ed ecchimosi al volto.

Come sta?

"Il dolore si fa sentire, ma esistono gli antidolorifici. Il danno che ho subito non debilita mani, gambe e lucidità mentale, per cui posso lavorare ed è quello che sto facendo".

Ha incassato calci e pugni dal paziente che doveva soccorrere, ha portato a termine l’intervento e scelto di farsi controllare solo alla fine del turno. Ha scelto di continuare a lavorare senza fermarsi un giorno?

"Si, posso essere efficiente nonostante la diagnosi, inoltre facciamo i conti con carenza di personale e ferie. La mia mancanza creerebbe disagi ai colleghi".

Ha parlato di testa, gambe e mani, in piena efficienza. Il suo cuore come sta?

"Appartiene al 118 che è da sempre la mia vocazione"

Da quanto tempo è in servizio d’emergenza?

"Da 17 anni con una pausa in mezzo da due. Ho iniziato a 26 anni, questa è la mia vita"

Le era mai capitato di essere aggredita?

"Verbalmente si, minacciata sempre. Questo tipo di violenza è quotidiana. Fisicamente mai"

Cosa ha provato?

"Mentre prendevo pugni il dolore fisico c’era, ma pregavo il paziente di calmarsi perché il suo sforzo fisico violento per picchiare poteva causare danni ulteriori ai traumi riportati nell’incidente. Insomma d’istinto gli dicevo ‘stai fermo, ti fai del male’".

A mente fredda invece?

"Col senno del poi razionalizzi. Di fatto ho rischiato di rimanere cieca. Subentrano le paure di quello che sarebbe potuto succedere o potrebbe succedere ancora. Siamo abituati a non sottovalutare mai i pericoli, eppure in quel caso non mi aspettavo una reazione simile"

In 17 anni di servizio sanitario, secondo lei è cambiato l’approccio sociale verso il 118?

"E’ peggiorato. E’ crollato il rispetto di gran parte della gente per la vita da salvare e per chi sta dando se stesso per salvarla. Sono venute meno le condizioni di sicurezza e tutela per il personale chiamato ad intervenire in mezzo alle strade, nelle abitazioni private, (fattore su cui incide la carenza di unità delle forze dell’ordine, la cui presenza nei luoghi di intervento è difficile sincronizzare alla nostra). Soprattutto mancano informazioni corrette sul 118 che non lavora dentro una struttura, ma in qualunque contesto, e in pochi minuti è chiamato a fare diagnosi, terapia e relazionarsi con i familiari. Su tutto questo si riversano le frustrazioni della gente, di una società che vuole tutto e subito e non si rende conto che il medico non è un mago. Quando le salvi sei bravo, quando non le salvi, vieni denunciato".

Cosa sarebbe giusto fare per migliorare questa situazione?

"Ripartire dall’educazione nelle scuole. Diffondere la conoscenza del 118, il servizio che dà alla società, la funzione e soprattutto ricominciare a parlare di rispetto reciproco".

Ha ricevuto telefonate di vicinanza dopo l’aggressione?

"Molte. Dall’assessore regionale Saltamartini, al dirigente Gentili, la presidente dell’Ordine dei Medici di Fermo, la questura e tanti colleghi. Dico grazie a tutti, ma ho solo fatto il mio lavoro e non da sola, ma insieme alla mia equipe e i volontari della Croce Azzurra di Porto San Girgio, che hanno dato se stessi, come me, per il nostro paziente ‘agitato’ come facciamo per chiunque".