Picchiata dai genitori a Fermo: "Il tuo fidanzato si deve convertire all'Islam"

In ospedale una magrebina di 19 anni. Non vuole interrompere la relazione con un ragazzo italiano e scatta il 'Codice rosso'

Sana Cheema la ragazza pachistana uccisa dal padre a Brescia

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Fermo, 26 agosto 2022 - Segregata e picchiata dalla famiglia fino a farla finire in ospedale solo perché viveva in modo troppo occidentale e aveva un rapporto sentimentale con un ragazzo italiano che non voleva convertirsi all’Islam. È accaduto a Fermo, nelle Marche e, vittima dei soprusi tra le mura domestiche, è stata una 19enne magrebina nata e cresciuta in Italia.

Per i genitori della giovane vittima, entrambi nordafricani, il questore, oltre alla denuncia, ha emesso due distinti provvedimenti di ammonimento per violenza domestica. Dalle indagini è emersa una realtà inquietante di abusi e violenze culminati in una plateale aggressione ai danni della figlia, che alla fine è stata trasportata in ospedale dal fidanzato. All’origine del dissidio, principalmente, c’è il rifiuto della ragazza di interrompere la sua relazione sentimentale con un 20enne di Fermo, che non voleva convertirsi all’islam, condizione essenziale per un futuro matrimonio.

L’epilogo della storia si è consumato quando i genitori della 19enne magrebina si sono recati sul luogo di lavoro della giovane per convincerla a cambiare condotta di vita e abbandonare la sua occupazione lavorativa, scoprendo che i ragazzi continuavano a vedersi di nascosto. Il padre e la madre hanno iniziato ad inveire contro il giovane, mentre la donna ha aggredito la figlia.

Sul posto è subito intervenuta la polizia che, raccolte le testimonianze, ha scattato la fotografia della situazione e informato l’autorità giudiziaria, che ha iscritto un procedimento penale a carico dei genitori secondo la disciplina del "Codice Rosso", delegando ulteriori accertamenti agli uomini della squadra mobile. Gli investigatori, hanno raccolto nuovi elementi e ascoltato altri testimoni, riscontrando la difficile situazione familiare in cui si trovava costretta a vivere la giovane. Contestualmente i poliziotti specializzati della divisione anticrimine hanno convocato i due genitori in questura, notificando loro i due provvedimenti che rappresentano un avvertimento a cambiare atteggiamento nei confronti della vittima, pena la possibilità di irrogazione di misure di prevenzione ancora più incisive.

Nel contempo, ancora in un’ottica preventiva, alla coppia sono stati illustrati i percorsi da seguire presso le strutture specializzate, dove poter intraprendere un’attività di riconsiderazione dei propri comportamenti. Proprio in quest’ottica, per il recupero delle persone protagoniste di episodi analoghi, sono attivi i protocolli denominati "Zeus" che realizzano quello che è il secondo pilastro nella strategia della Direzione centrale anticrimine in materia di contrasto alla violenza di genere, che guarda sia alla vittima che al soggetto maltrattante, realizzando un vero approccio a 360 gradi al grave fenomeno capace di cogliere ogni sfaccettatura e ogni indizio, onde prevenirne gli effetti e consentire all’autore una riflessione sul proprio comportamento al fine di evitare ulteriori ricadute.