Studente morto in Erasmus, la mamma non si dà pace. "Aspetto ancora la verità"

Giacomo Nicolai morì nel 2017 in Spagna. "Non credo al suicidio. Madrid tergiversa"

Giacomo Nicolai e la mamma Erminia Fidanza

Giacomo Nicolai e la mamma Erminia Fidanza

Fermo, 13 novembre 2018 - È stata consegnata domenica sera la prima borsa di studio intitolata a Giacomo Nicolai, vinta dal giovane Federico Ercoli, promossa dalla Accademia internazionale di Musica Maria Malibran di Altidona e sostenuta dalla famiglia Nicolai.

«Mi è stata proposta l’idea di sostenere la borsa di studio – spiega la mamma di Giacomo Erminia Fidanza – ed ho accettato subito con l’intenzione di trasformare un dolore in un messaggio positivo per i ragazzi. La Malibran è una realtà importante per il territorio che si fonda sulla professionalità della direttrice Rossella Marcantoni. Grazie a lei si può promuovere il valore della cultura, come vera ricchezza per i giovani che vanno incoraggiati ed aiutati. La musica è un prezioso veicolo di espressione di sentimenti ed emozioni, che vanno stimolati. Mi congratulo con il giovane Ercoli – dice ancora la Fidanza – con l’auspicio di proseguire con la seconda edizione della borsa di studio. E’ solo un piccolo gesto custode di un messaggio universale: sostenere i giovani e affidare loro un futuro sano per una società migliore. Mi auguro che altre persone mi seguano nell’esempio di vicinanza ai giovani». Con la consegna del premio, sono state gettate le basi per un’iniziativa destinata a ripetersi con lo scopo di valorizzare il talento dei giovani.  ***

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Una telefonata che stravolge la vita, un dolore che non si può descrivere, una verità ancora da cercare a distanza di quasi due anni e la responsabilità di essere madre oltre la morte del proprio figlio. C’è tutto questo nelle parole dell’avvocato Erminia Fidanza, madre di Giacomo Nicolai, il ragazzo di 24 anni di Fermo trovato morto nel suo letto dell’appartamento di Valencia in Spagna, con tre coltellate al petto.    Era il marzo del 2017. Giacomo era partito per il programma universitario Erasmus. Un caso di suicidio, secondo la Procura di Valencia, una verità ancora da scoprire per la famiglia Nicolai. Al momento è ancora aperto il fascicolo per omicidio presso la Procura di Roma. Il magistrato capitolino che conduce le indagini aveva disposto una seconda autopsia, che da un primo responso aveva evidenziato come fosse improbabile che una persona potesse autoinfliggersi tre violente coltellate al petto.   

Signora Fidanza, a che punto sono le indagini?  «Sono aperte. Non abbiamo ancora risposte. Siamo in attesa di documenti dalla Spagna e dei referti autoptici da Roma. Questo silenzio è una vergogna per lo Stato civile e per la giustizia italiana. Abbiamo bisogno di chiudere le partite, non solo per mio figlio». 

Che idea si è fatta in merito?  «I tre colpi sono stati inferti con una tale forza che difficilmente lascia pensare al suicidio. La prima coltellata ha colpito Giacomo al costato e la lama è affondata di circa tre centimetri, la seconda al polmone, per circa quattro e poi l’ultima, quella fatale, al cuore. Questo è quanto riportato dal rapporto di polizia spagnola. E’ stata dura, leggerlo. Ma è così».

Come madre e come avvocato non crede al suicidio?  «Voglio premettere che, nella vita, con i miei figli ho solo fatto la madre. E mai avrei potuto immaginare di dover affrontare una situazione simile. Giacomo era sereno, autonomo, appassionato alla vita. Non viveva nessuna situazione di disagio. Il gesto estremo è inconcepibile. Come avvocato, mi chiedo come sia possibile autoinfliggersi tre colpi consecutivi, considerando l’istinto umano di autoconservazione. Poi l’incognita del terzo colpo, che sarebbe stato auto inferto al cuore con brutale violenza, dopo l’insufficienza respiratoria causata dalla precedente coltellata al polmone. E poi ancora mi chiedo perché le telecamere della videosorveglianza istallate nel palazzo dove risiedeva Giacomo, non sono state visionate dalla polizia di Valencia». 

L’annuncio della morte di Giacomo, è stata una telefonata che le ha cambiato la vita.  «Per me ha cambiato il mondo. Non esiste un vocabolo che possa definire il dolore per la morte di un figlio. Questo basta a dire quanto sia grande. Ma ho imparato che non si smette di essere madre, neanche se quel figlio non è più accanto a noi. Di lui mi manca tutto. Soprattutto il suo disordine. Ora vivo di dettagli trascurati per anni e custoditi nei ricordi. In un’ottica religiosa abbraccio la croce, nell’ottica laica, vivo una condanna. È certa però la mia volontà, di trasformare questa tragedia in un messaggio positivo per i ragazzi».