Museo del Polo Nord a Fermo: funi e arte locale, l’Artico a un passo da casa

A palazzo Paccaroni il ’Silvio Zavatti’, l’unico esempio in Italia di galleria dedicata al Polo Nord. Il fondatore, forlivese d’origine, fu un politico e antropologo impegnato nella difesa degli Inuit

Gianluca Frinchillucci, direttore scientifico ed esplolatore del museo polare

Gianluca Frinchillucci, direttore scientifico ed esplolatore del museo polare

Fermo, 13 agosto 2023 – L’estate è torrida. ’Rinfresca’ visitare il gioiello della città di Fermo: il museo polare ’Silvio Zavatti’, dal nome del fondatore ed esploratore. In Italia, è l’unico per le ricerche polari artiche e sub-artiche. Trova sede nel palazzo Paccaroni, pieno centro storico. Ogni anno è meta per migliaia di studenti. Numerosi anche i turisti che affollano le grandi e affrescate sale espositive.

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La gestione è affidata alla Maggioli Cultura. Negli anni è divenuto riferimento per studiosi, università e centri ricerche. Attraversare le sale è come compiere un viaggio al Polo Nord. Lì si incontra un campo base con la tenda del dottor Cavalli Molinelli, medico che seguì il Duca degli Abruzzi; la slitta dell’impresa; il busto del Duca, i resti del dirigibile Italia e altri reperti donati dall’associazione Grande Nord . Abbondano le carte geografiche in mezzo alle quali campeggia il meteorite caduto su Fermo nel 1996. La sala dell’arte Inuit è stata allestita di recente con la donazione Molinari costituita da oggetti provenienti dal Canada e curata dall’antropologa Daniela Zanin. In quella dello Sciamanesimo sono visibili tamburi, maschere e sculture Tupilak. Nella sala etnografica sono esposti oggetti raccolti da Zavatti e preziosi doni di un altro grande esploratore: Jean Mallory. Le stanze ulteriori sono ricche di nuovi reperti Inuit, strumenti tecnici, taccuini, diari e oggetti rarissimi riguardanti le spedizioni del generale Nobile, nel 1926 sul dirigibile Norge e nel 1928 sull’Italia.

Il busto del fondatore ci dà modo di raccontarne la storia. Silvio Zavatti è stato tra i primi in Italia a studiare le regioni polari e l’etnografia delle sue popolazioni. Nato a Forlì nel 1917, sin da bambino è affascinato dai racconti delle esplorazioni. A 20 anni, capitano di lungo corso, si imbarca su una nave inglese avvistando il suo primo iceberg. Incontro fatale. Dopo l’8 settembre 1943, milita nelle file del Cln a Forlì, e pubblica ’Gli esploratori nel mondo’, dizionario generale degli esploratori, navigatori e viaggiatori attraverso i tempi. Diventa anche il primo vicesindaco dopo la liberazione. Sempre a Forlì fonda l’Istituto geografico polare e la rivista ’Il Polo’, colonne del futuro museo polare.

Terminata la guerra, si trasferisce nelle Marche, prima a Porto Potenza Picena quindi a Civitanova Marche dove mette su famiglia. L’Istituto è decollato: articoli, libri, ricerche sul Polo Nord. Zavatti cerca di scrollare le coscienze percependo anzitempo l’importanza geopolitica di quell’area. Iniziano le sue spedizioni e la strenua difesa del popolo Inuit. Tra il 1961 e il 1969 ne organizzerà cinque: tre in Canada, una in Lapponia e una in Groenlandia.

Nel 2015 , il ministero degli Affari esteri, nel documento "Verso una strategia italiana per l’Artico", scrive: "La multiforme presenza italiana nell’Artico è testimoniata anche, fra gli altri esempi, dagli studi di Silvio Zavatti, esploratore e antropologo che ha dedicato la sua vita allo studio dei popoli del Nord, in particolare degli Inuit, fondando l’Istitut o polare "Silvio Zavatti" di Fermo, che ospita al suo interno l’unico museo esistente in Italia interamente dedicato alle regioni artiche e che pubblica regolarmente la rivista ’Il Polo’". L’opera di Silvio Zavatti, deceduto nel 1985, è stata continuata da suo figlio Renato e dalla famiglia. Oggi Museo e Istituto, frutto di un accordo tra Comune di Fermo e famiglia Zavatti, sono diretti dall’antropologo ed esploratore Gianluca Frinchillucci che, insieme a Federico Prizzi, a settembre, presenterà in Nepal, al congresso mondiale The first Inter-Polar Conference, una ricerca comparativa sul professor Giuseppe Tucci e Silvio Zavatti. E se ci fossero più fondi, le attività sarebbero ancora maggiori.