Ferrara, bullismo. "Io, educatore dei bulli tra delinquenti e grande disagio"

Il racconto di un operatore che ha avuto tra i suoi ragazzi i tre adolescenti arrestati

Bulli (foto d’archivio)

Bulli (foto d’archivio)

Ferrara, 12 maggio 2018 - «Ci sono delinquenti, già fatti e finiti a 15 anni, e ci sono situazioni di grande disagio: se si fa un calderone generale, se sono ai nostri occhi tutti ‘quelli del sotto Mac’, quindi tutti delinquenti, cosa pensiamo di ottenere?». Parla un educatore, per cercare di chiarire la situazione che si è creata in città, di dare uno spunto in più sui recenti fatti di bullismo. Parla a ragion veduta, avendo avuto come alunni anche i tre ragazzi finiti in comunità dopo esser stati denunciati e un altro caso «poi rilasciato».

Le sue sono composte da italiani e stranieri «anni fa erano circa il 20% – racconta – ora arrivano al 60%». Ragazzi ‘scapadiz’, ribelli che hanno avuto problemi e vengono affidati a educatori con percorsi specifici, per seguirli e farli arrivare a un risultato nella loro scuola di appartenenza. «Negli scorsi anni abbiamo avuto anche grandi soddisfazioni – spiega –, nella maggior parte con miglioramenti notevoli».

Non è mai una passeggiata, ma quest’anno ci sono stati casi di «veri delinquenti, bulli capaci di ribaltare una classe, farla diventare ingestibile» racconta, visibilmente provato. In classe si creano ruoli: «c’è il leader che opera di nascosto, che sembra calmo mentre aizza tutti contro tutti, c’è quello che fa l’apologia del delinquente, elencando le sue azioni con vanto, c’è quello tranquillo che poi ruba da tutte le parti». Da classi da 6, negli ultimi anni si è passati a più di 15 giovani. Forse un caso, forse una tendenza futura, ma rispetto al passato è mancata una componente femminile in classe, capace di «stemperare». Manca anche altro. «Non c’è un filtro iniziale con il ragazzo, non c’è nemmeno con le famiglie – spiega –. Non si crea quel patto educativo che sta alla base di tutto, anche se prima non avevamo mai avuto problemi del genere».

Cos’è cambiato? «Se anni fa gli scontri avvenivano tra etnie diverse, ora è un fatto culturale: molti di questi ragazzi non hanno famiglie solide alle spalle e dominano perché a parità d’età gli stranieri hanno lo sviluppo prima. Anche se sono nati e cresciuti in Italia – aggiunge poi –, assorbono il clima d’odio: se per noi sono già tutti delinquenti, cosa possiamo ottenere da loro se non violenza?». Non tutti, però, sono ‘quelli del sotto Mac’. «Si conoscono tutti, ma non per questo sono tutti bulli. Certo, non sono santi ma il loro è disagio, non delinquenza».