Cimice asiatica Ferrara, i danni più gravi alle pere

Il punto con le associazioni di categoria sul problema alle coltivazioni estensi e la stima dei danni che provocano ai raccolti

Una cimice asiatica (Dire)

Una cimice asiatica (Dire)

Ferrara, 10 agosto 2019 - Il flagello delle cimici asiatiche divora l’agricoltura ferrarese. Dopo una stagione non certo generosa per le nostre colture, ora il problema che più attanaglia i frutteti estensi è costituito dagli insetti marroncini che, posandosi sui frutti, li ‘pungono’ risucchiandone la parte interna e rendendoli per lo più non commerciabili. Il grido d’allarme delle associazioni di categoria legate al mondo dell’agricoltura è unanime. «Si tratta di un fenomeno assolutamente trasversale e che sta colpendo a macchia di leopardo tutto il territorio – spiega Riccardo Casotti, vice direttore di Coldiretti – : il rischio concreto, che riguarda in maniera particolare le pere, è che non ci sia la possibilità di poterle commercializzare. Oppure che vengano messe sul mercato ad un prezzo di vendita sicuramente non sufficiente per colmare i costi della produzione».

Pere rovinate dalla cimice asiatica
Pere rovinate dalla cimice asiatica

Anche perché, la stima effettiva del danno «è praticabile unicamente nel momento della raccolta della frutta – prosegue Casotti – quindi la mano d’opera delle imprese è già stata impiegata». Anche il presidente provinciale di Cia, Stefano Calderoni, sulla scorta dell’iniziativa nazionale che l’associazione ha portato avanti, sollevando la questione anche di fronte al presidente del Consiglio Conte, traccia un bilancio dei danni provocati dalle cimici. «Questa calamità, perché di questo si tratta, – spiega Calderoni – si inserisce in un contesto di calo generale della produttività agricola. Il danno sulle pere è enorme con margini che vanno da un 30% di raccolto danneggiato fino a punte che superano gli 80 punti percentuali. Ad oggi stiamo parlando di una perdita di 6-7 mila euro per ettaro. E’ un vero e proprio bagno di sangue».

La proposta dunque è quella di «attivare lo stato di calamità che dia alle aziende la possibilità di un ristorano economico. Se non si trovano soluzioni definitive, rischiamo di perdere milioni di posti di lavori e purtroppo i metodi naturali non sono efficaci, bisognerebbe tornare all’utilizzo di alcuni prodotti chimici». Secondo Paolo Cavalcoli, direttore di Confagricoltura è convinto che questo sia, per il comparto agricolo, «il peggiore anno da trenta a questa parte». «Abbiamo cominciato con gli sbalzi termici, poi le ultime due problematiche: la alternaria, una malattia fungina del pero(che comporta una maculatura bruna al frutto) e infine le cimici. Un problema endemico. Iniziato nel 2012 a Modena, ma mai stato così grave come ora nelle nostre zone».

Cavalcoli è convinto che la radice del problema sia «l’impossibilità per gli agricoltori di utilizzare determinati tipi di prodotti che sconfiggerebbero in maniera efficace le cimici». E dunque, che fare? «Aspettiamo la convocazione del ministro Centinaio per avviare il tavolo di crisi – chiude il direttore di Confagricoltura – di concerto con le altre associazioni di categoria». Tavolo nel quale Confagricoltura avanzerà sostanzialmente tre richieste: «La sospensione dei mutui per le aziende agricole, la sospensione del pagamento dei contributi previdenziali e relativi sgravi fiscali. Infine il rifinanziamento del fondo di solidarietà per le zone colpite dalla calamità».