"Con il ’41bus’ detenuti meno soli Così accompagno i parenti in visita"

Con la piattaforma di Bruno Palamara il trasporto dei familiari nei penitenziari è a portata di App "Il progetto pilota parte da Milano, ma raggiungerà anche Ferrara. Gli affetti per prevenire gli eccessi"

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di Matteo Radogna

In tanti scelgono di andare a piedi, carichi di pacchi, spesso al freddo e al gelo, o sotto il sole cocente. Soprattutto madri e mogli arrivano al carcere dopo un lungo pellegrinaggio. Manca, infatti, un servizio dedicato ai parenti dei detenuti per raggiungere, fuori dai canali tradizionali, i penitenziari per le consuete visite. A Milano, per colmare questa lacuna, Bruno Palamara, 30 anni, sposato e padre di tre bambine, detenuto anche lui dal 2016 al 2020, ha avuto l’idea di lanciare un progetto pilota ‘41Bus’, una piattaforma in rete nella quale i familiari possono prenotare gli spostamenti verso il carcere.

L’idea non si ferma a Milano: Palamara vuole esportarla in tutte le città, anche a Ferrara. Nel territorio estense esistono già dei bus che passano dall’Arginone, ma il servizio offerto dal 30enne è un trasporto pensato per i parenti che ha l’ambizione di andare anche oltre, diventando un punto di riferimento per una comunità di persone che non ne ha. Palamara ha sviluppato il suo progetto durante il periodo di detenzione. Ed è proprio nella struttura in provincia di Pavia che si accese una lampadina: "A cosa si pensa in carcere? Oltre a quando si tornerà in libertà, al momento in cui si riabbracceranno i familiari", sottolinea l’imprenditore. E si ricollega alla situazione dell’Arginone: "Gravi episodi di violenza si possono prevenire grazie agli affetti – spiega –. Stemperare gli animi attraverso la vicinanza dei parenti stretti. I nostri cari sono l’unico collegamento con il mondo che resta a un detenuto mentre sconta la pena". E aggiunge: "Quando ero in carcere ho imparato come affrontare i problemi, a non arrendersi mai. Anche da un fallimento può nascere un successo".

Finire in cella non significa perdere il rispetto per se stessi e quello degli altri: "Ho conosciuto tanti poliziotti penitenziari, che oltre a essere gentili, si prodigano per dare una mano ai detenuti – prosegue Palamara –. Finire in carcere non significa perdere il rispetto di se stessi". Al progetto di Palamara ha contribuito Sabrina Lanza, che è una collaboratrice dell’agenzia alla quale l’imprenditore si è rivolto per creare il sito. "È stata una della prime persone a credere nel ’41bus’ – spiega Palamara – insieme al titolare dell’agenzia Lorenzo Zesi". Per la parte dei rapporti con le istituzioni se ne sta occupando l’avvocato del foro di Milano Beatrice Saldarini "che ha sempre supportato il progetto e ancora oggi collabora con noi a 360 gradi". Insomma, l’idea piace e fa proseliti, perché dietro il nome leggero del ’41bus’, c’è un carico di speranza, la necessità di rendersi utile per dare un senso all’esperienza vissuta in carcere.