"Con l’autobus 37 portavo i morti della strage di Bologna all’obitorio"

La toccante testimonianza di Agide Melloni che il 2 agosto 1980 è stato parte attiva negli aiuti dopo l’eplosione della bomba.

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di Claudia Fortini

Ottantacinque fiammelle, tante quante le vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, hanno illuminato l’altra sera il cortile della Rocca, mentre scorrevano i racconti dei testimoni, nell’incontro ‘Per non dimenticare’ organizzato dal Comune e condotto dall’assessore Elena Melloni. Un’occasione per scavare nella storia, nel dramma, nell’umanità. "Una strage da non dimenticare – dice Agide Melloni, l’autista del bus 37, che quel 2 agosto trasportò i corpi senza vita agli obitori della città –. Conservare il ricordo, significa ricordare anche le cose semplici. Quel giorno, sulle macerie, in un silenzio di urla, tra i morti, i feriti, le macerie, le persone smarrite che vagavano sotto choc, i soccorsi, c’era una città intera dove ciascuno, fianco a fianco, cercava di dare il meglio di sé, per aiutare". Un racconto che ha commosso, una testimonianza che ha voluto documentare la solidarietà espressa da un’intera città. Quel giorno Agide Melloni stava rientrando in servizio. Arrivato alla stazione di Bologna si è trovato dentro alla tragedia. "Gli autobus fermi erano diventati il rifugio di chi temeva un’altra esplosione poi – confida – hanno salvato molte vite portando decine di feriti negli ospedali. Quando le salme incominciavano ad ammassarsi di fronte alla stazione, ho capito che dovevo provare a fare qualcosa. Con un vigile del fuoco abbiamo tagliato le porte per rendere l’autobus accessibile e abbiamo incominciato a caricare i morti. Quel giorno sulle macerie c’era una città intera". "Sono entrata a far parte dell’associazione dei famigliari delle vittime solo nel 2005 perché per anni, non riuscivo a parlarne – racconta Roberta Garuti, sopravvissuta, aveva 16 anni e per la prima volta, doveva prendere il treno da sola per raggiungere i genitori –. Quando mia figlia ha compiuto 16 anni, ho incominciato a stare male. Dovevo proteggerla. L’ansia era tremenda. Da quel momento grazie a lei ho iniziato un percorso con uno psicoterapeuta. Sono affiorati i ricordi, le paure, ma anche quella luce in fondo al tunnel che, mi aveva portato all’uscita della stazione". Roberta Garuti ha partecipato a tutti i processi. Le famiglie chiedono verità e giustizia: "La nostra vendetta – aggiunge Agide Melloni – è che i giovani sappiano e non dimentichino e che con tutti gli strumenti che possiamo offrire loro, contrastino affinché stragi come queste non accadano mai più". Al primo piano della Rocca, fino al 30 agosto, c’è la mostra fotografica documentaria degli scatti di Gianni Giatti. "La verità è necessaria – ricorda Cinzia Venturoli, docente universitaria e storica esperta della strage di Bologna tracciando un’analisi traslata dai documenti –. Ci sono gli esecutori materiali ma non ancora i mandanti". La serata è stata intercalata dalla lettura di poesie di Maurizia Cristofori, dal libro ‘Antologia per una strage’ del giornalista ferrarese Gian Pietro Testa. "Per non dimenticare – conclude l’assessore Melloni – Cento, con questa serata, ha voluto esserci. Abbiamo vissuto una pagina di storia dal vero, grazie a chi ci ha portato la propria testimonianza".