Goro, il Pd ricomincia da 3 iscritti. "Ci rifaremo"

Il paese protestò contro l’arrivo di dodici donne africane. E alle elezioni del 4 marzo ha stravinto la Lega

I tre soci del circolo Pd  con il segretario provinciale Luigi Vitellio

I tre soci del circolo Pd con il segretario provinciale Luigi Vitellio

Ferrara, 18 marzo 2018 - «Chello ch’è stato, è stato. Basta, ricomincio da tre». Immaginate Massimo Troisi e Lello Arena nelle strade di Goro, magari davanti al ristorante Da Primon. Anche qui il Pd ricomincia da tre: Nickolas, Diego e Marica. Promotori, nel paese delle barricate anti migranti e di una performance strabiliante della Lega alle Politiche, di un’iniziativa quasi rivoluzionaria: ricostituire il Circolo scomparso da dieci anni e bussare, porta a porta, alla riconquista degli iscritti perduti. «L’idea è nata prima delle elezioni», dice Nickolas Bellotti, 27 anni, eletto segretario dal voto unanime degli altri due tesserati: Diego Viviani, sindaco, Marica Brugnoli, vicesindaco.

Un congresso lampo, una prima riunione: «Non abbiamo una sede, non volevamo ritrovarci a casa di uno di noi, né in Comune – racconta Bellotti –, abbiamo chiesto uno spazio a una cooperativa». Le elezioni hanno certificato le difficoltà: «Sono lontani i tempi in cui a Goro il Pci e il Psi avevano più dell’80%, e i nostri amministratori avevano un peso forte in Regione a Roma – ricorda Nickolas, il cui bisnonno e il nonno, Natale e Adelmo, sono stati entrambi sindaci –: poi, nel ’93, un’enorme fetta di elettorato è traghettata a Forza Italia».

Ora c’è anche il Movimento 5 Stelle: «Li ho guardati negli occhi, i duecento elettori che non ci hanno votato alla Camera: sono passati ai grillini – sorride Bellotti –; non gliene faccio una colpa, ora vedremo come andrà a finire, se e quando andranno al governo».

Per sedersi sulla riva del fiume, del resto, a Goro bastano pochi passi: la Sacca è vicina, così come la Provinciale su cui, nell’ottobre 2016, erano state erette le barricate per impedire l’arrivo in paese di dodici donne africane.

«Siamo rimasti, secondo me a torto, il simbolo dell’Italia che ha paura», dice Bellotti. Che però, assieme ai due ‘rifondatori’, non vuole arrendersi allo sconforto «di una sconfitta così netta, che ti verrebbe voglia di prendere la barca e andare solo a pescare».

Ma le reti ora servono ad altro: «Io spero di convincere cinquanta militanti, di qui a primavera, a prendere la tessera. Capisco che le turbolenze interne al partito non aiutano ad avere appeal, ma cambiando la linea politica, prima ancora delle persone, il Pd può ancora avere un senso».

Per ora, si ricomincia da tre.