‘Il giardino dei Finzi-Contini’ 50 anni dopo

Il 4 dicembre 1970 usciva il film di De Sica tratto dal romanzo di Bassani. Domani il Meis organizza un dibattito online su Zoom

Compie cinquant’anni il film di De Sica tratto da Il Giardino dei Finzi-Contini

Compie cinquant’anni il film di De Sica tratto da Il Giardino dei Finzi-Contini

di Francesco Franchella

"Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta", scriveva Bassani nel Giardino dei Finzi-Contini, in una delle tante massime, delle tante sententiae, che i narratori lasciano tra le righe delle loro opere: frasi che si adattano a plurimi contesti, a diverse circostanze. Le massime sono di solito brevi, eppure risuonano in maniera talmente intensa nelle orecchie di chi le sente, che - forse si può dire - contribuiscono a consegnare lo scrittore tra le braccia dell’eternità. Ci sono, poi, quelle opere che non si leggono, ma che si osservano e che si ammirano, che suscitano la stessa identica emozione che si prova scorrendo su di un libro le parole di un autore.

Ebbene, il film tratto dal romanzo bestseller di Bassani, diretto da Vittorio De Sica e interpretato da Lino Capolicchio e Dominique Sanda, ‘Il giardino dei Finzi-Contini’, rientra di diritto in questa categoria, tanto più che sono ormai cinquant’anni che ne celebriamo i compleanni: uscito nelle sale il 4 dicembre del 1970, fu un vero e proprio successo planetario, che arrivò a vincere l’Oscar come miglior film straniero. Tornando al discorso di prima, questo film è una massima, una sententia cinematografica, che "ha un’enorme importanza per il cinema e per la cultura italiana in generale", dice il ricercatore di Cinema e storia all’Università di Warwick, Luca Peretti, presentando l’incontro organizzato dal Meis e fissato per domani sera alle 21. Una diretta Zoom (iscrizione tramite la newsletter del museo), introdotta dalla domanda: "Mezzo secolo dopo, cosa ci rivela il magico e segreto giardino dei Finzi-Contini?".

A discuterne, saranno lo stesso Peretti, insieme a Damiano Garofalo, ricercatore e docente di cinema, fotografia e televisione dell’Università La Sapienza di Roma.

"Quando si adatta un romanzo così importante a un film – spiega Peretti – c’è sempre un po’ di brivido". Non a caso, Bassani si è dissociato dal lungometraggio per diversi motivi: in primis, nel libro la parte sulla deportazione non c’è, mentre nel film viene introdotta "come componente quasi spettacolarizzante: per fare un film sulla Shoah, ci deve essere per forza la deportazione". Va, inoltre, considerato il fatto che "nel film, la relazione Giorgio-Micol diventa troppo esplicita".

I relatori parleranno per una mezz’ora, cercando di creare un dibattito per il quale è prevista la partecipazione del pubblico, che potrà cogliere l’occasione per fare qualche domanda e togliersi altrettante curiosità.