‘Il paletot rosso’, Ferrara d’autunno nel Sogno di Adelchi

Suggestioni e ricordi nella mostra allestita al Castello Estense. Un viaggio a tappe tra le opere che raccontano una provincia

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di Francesco Franchella

Scorrendo uno ad uno i dipinti di Adelchi Riccardo Mantovani, si ha l’impressione di essere a passeggio, tra Ferrara e i suoi dintorni. Non piove, ma potrebbe. L’ombrello rimane chiuso. Una nebbia leggera, tipica di certe serate novembrine passate alla ricerca di una mistocchina sul Listone, si alterna a qualche raggio di sole. Si parte dagli argini del Po. Da lontano un puntino rosso diventa sempre più nitido: una ragazza se ne sta seduta su un cippo, una mezza colonnina incisa. "10 Km Ferrara". È il primo dipinto, ‘Il paletot rosso’, della mostra di Mantovani al Castello Estense, visitabile fino al 9 ottobre. Sfuma il paesaggio alle sue spalle e continua la passeggiata autunnale. Sosta obbligata nella piazza della ridente Ro Ferrarese. Più che una passeggiata sembra una maratona: non importa. Non si riesce neanche a riposarsi un attimo, che subito Mantovani, nell’opera ‘La fine della guerra infinita’, decide di far prendere fuoco alla chiesa di Ro, mentre un Vittorio Sgarbi trombettiere aizza, dall’alto del volo di un asino, una folla di scolari in fila per uno, all’insegna della bandiera della pace. La passeggiata-maratona arriva in via XX Settembre, di fronte alla Prospettiva della Ghiara. L’atmosfera è sempre più surreale: proprio in mezzo alla strada, una famigliola felice si prepara a spazzolarsi un bel pesce, ignara di un’onda anomala che, a sua volta, minaccia di spazzolarsi sia il pesce che la famigliola stessa. È proprio vero: in un modo o nell’altro – sembra ammettere Mantovani nel dipinto ‘La grande onda’ – la natura si riprende tutto. Bisogna cambiare tragitto. Si finisce in via Porta d’Amore, fiancheggiando Palazzo Costabili. Ormai è sera: si vede poco. In un’opera di Mantovani, i ciottoli di via Porta d’Amore sono il letto di un fiume di ‘Nebbia’ (titolo dell’opera): sulla destra, una madre accompagna il figlio (il pittore) all’orfanotrofio.

La scena ricorda un passo di Rolls Royce, poesia di Bassani: "ero io proprio io che un attimo prima di sparire alla vista di lei ragazza dietro l’angolo levavo il braccio sinistro in un gesto d’insofferenza e insieme d’addio". Fermi, di spalle, Mantovani e la madre cercano la fine di una strada infinita. È il punto interrogativo di una vita passata a indagare ragioni irrisolvibili. E allora tanto vale darsi ai sogni e, da Berlino, dove ora vive l’artista, sognare Ferrara. Adelchi Riccardo Mantovani: il sogno di Ferrara.